Nuovo album (il sesto), nuova label, nuovo cantante dietro il microfono, ossia
Lance King (Balance Of Power, Pyramaze, Avian): è così che gli australiani
Ilium si presentano a noi in questo 2015. La ricetta sonora non è cambiata, assestandosi su un power molto chitarroso e melodico, figlio dei Priest e molto 'nostalgico', nel senso più TRVE del termine.
La title track, posta in apertura del dischetto, aggredisce sin dall'inizio con un buon riffing ed una linea vocale nervosa ed aggressiva; gli intrecci chitarristici Jason Hodges saranno un pò il trademark di tutto l'album, mentre già dalla successiva "
Quetzalcoatl" veniamo accolti da tastiere e un riff arioso che richiamano alla mente certi Rush, per poi proseguire su territori cari, tra gli altri, anche agli ultimissimi Dream Theater, al netto della loro quota progressive. "
Penny Black" spinge a mille sull'acceleratore, e purtroppo evidenzia un suono di trigger sulla batteria che poteva decisamente essere mixato meglio...
"
Lingua Franca" è un mid tempo un pò troppo spompato ed anonimo, "
Godless Theocracies" è forse la perla del disco, con un ritmo cavalcato che fa tanto Helloween; è la seconda parte del cd a sedersi un pò, con brani piacevolucchi, ma poco più di tanto, esclusion fatta forse per l'ultima "
The Cryptozoologist", molto ben costruita, potente e variegata nel suo dipanarsi, e con una sequenza melodica non banale, cosa alquanto rara nel settore...
Non è uno di quegli album che, secondo me, potranno contare su un alto tasso di longevità, ma ad onor del vero in giro c'è molto di peggio. Onesti.
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