Diciamoci la verità: i
Korpiklaani, nel bene o nel male, non hanno più nulla da dimostrare.
Il consolidamento di un trademark sonoro unico, unitamente all’acquisizione di un peso specifico e di uno status invidiabili all’interno del variopinto macrocosmo metal, hanno senz’altro permesso loro di approcciarsi alla creazione del nono full lenght con la miglior
forma mentis possibile.
Altri fattori hanno contribuito ad allineare gli astri nel modo più propizio:
-
Noita non sconta la pena di doversi confrontare con un predecessore d’alto lignaggio (
Manala, a mio avviso, era un disco caruccio ma poco più);
- i diretti concorrenti non stanno certo facendo sentire il fiato sul collo (
One Man Army degli
Ensiferum e
Origin degli
Eluveitie hanno deluso,
Finntroll e
Turisas latitano,
Equilibrium,
Trodlhaugen e
Skálmöld son bravi ma non sfondano, i
Moonsorrow giocano ormai in un’altra lega);
- la line up si è infoltita, e accoglie un nuovo fisarmonicista (
Sami Perttula).
Per fortuna, i Nostri dimostrano di saper sfruttare gli influssi positivi, immettendo così sul mercato un’opera convincente, godibile, pressoché incapace di deludere i fans.
Un’opera ulteriormente impreziosita da un suggestivo artwork a firma
Jan Yrlund e dall’encomiabile produzione dell’abitué
Asku Hanttu, abile come non mai nel trovare il perfetto bilanciamento tra l’anima folk e quella metallica della band.
Proprio questa felice convivenza, a mio avviso, rappresenta il pregio maggiore di
Noita: abbandonate le forzate tentazioni thrasheggianti e potenziato il violino di
Tuomas Rounakari tanto come ruolo quanto a livello di mixing, ci troviamo di fronte a un lavoro dal feeling piuttosto allegro, spensierato -anche se non mancano brani più cadenzati e solenni come
Minä näin vedessä neidon,
Lempo o
Ämmänhauta-.
A livello di songwriting ci assestiamo su livelli più che discreti: ci sono alcuni ottimi pezzi (l’opener
Viinamäen mies,
Sahti) e altri un po’ di mestiere ma comunque gradevolissimi (
Pilli on pajusta tehty,
Luontoni).
Di tonfi fragorosi non ne ho rinvenuti; semmai, manca il golasso da standing ovation, sia esso il brano tritacarne -come
Cottages & Saunas o
Happy Little Boozer-, il coro da birreria che, come per magia, ti torna in mente ogniqualvolta alzi il gomito (penso ad esempio a
Juodaan viinaa) o l’anthem etilico (le immarcescibili
Vodka e
Beer Beer).
Proprio per questo, ahimè, sfuma l’approdo nei top album.
Non parliamo, in ogni caso, di un capolavoro senza tempo, ma oggi come oggi sarebbe irrazionale pretender ciò dalla band finnica.
Coinvolgimento, energia, diletto e una buona ragione per tornare a suonare live ci sono. E a me tanto basta.
Reputo pleonastico dilungarmi oltre: chi ha imparato ad amare i
Korpiklaani non smetterà certo di farlo a causa di
Noita, gli altri… peggio per loro.
Lunga vita al Clan della Foresta!
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