"
It's Time" è il primo lavoro solista di
Giorgio Rovati, già chitarrista dei
Centrica, che si è attorniato di bravissimi musicisti per dare forma alle proprie idee: troviamo quindi in maniera alternata (pensiamo sia giusto elencarli tutti)
Riccardo Merlini alla batteria (allievo di nomi notissimi come
Mike Mangini e
Mike Terrana),
Alberto Rigoni dei
Twinspirits al basso, così come
Mauro Catellani, già con
Alex De Rosso, e
Carlo Rubini dei
Kismet; completano il quadro i tastieristi
Andrea Pavanello, anch'esso con i
Centrica, e
Marco Zago già al lavoro con
Daniele Liverani.
Tutto questo "
ben di Dio" viene fortunatamente e sapientemente bilanciato in maniera egregia dagli stessi musicisti, dato che tutta la loro abilità tecnica e di composizione viene messa chiaramente a disposizione dei brani e della fruizione degli stessi da parte degli ascoltatori; anche e forse soprattutto quelli meno smaliziati, come il sottoscritto, che mal digeriscono esibizioni manichee e fine a loro stesse, quando si antepone la propria bravura alla funzione che la musica dovrebbe esprimere principalmente, quella di comunicare ed emozionare, non a dimostrare quanto si è bravi, veloci od astrusi.
Una malattia che, giustamente, spesso colpisce quelli maggiormente dotati ma che grazie a Dio non alberga in "
It's Time", un lavoro strumentale fresco, frizzante, di durata perfetta (sfiora i 40 minuti) che non annoia mai, che si lascia ascoltare con enorme piacere anche dai non appassionati del genere, sempre ben bilanciato tra un heavy rock ed un prog metal peraltro ottimamente prodotto dallo stesso Rovati e mixato da
Ugo Bolzoni ai New Frontiers Recording Studio.
Peculiarità principale dell'album è quella di apparire piuttosto variegato, alternando brani più veloci e diretti ad altri più cadenzati e pieni di groove, pezzi più sognanti ed ariosi ("
The Garden of Love") ad altri ancora più nervosi e pesanti ("
12:00"), alcuni con sonorità decisamente classiche (l'opener "
Trust Yourself") ad altri in cui si osa qualcosa di più a livello di sperimentazione nel sound, tutto questo sempre saldamente in territorio rock/metal, con digressioni intelligenti dal prog al blues.
Forse l'unico brano meno brillante è l'ultima "
Seven", troppo slegata e poco armoniosa nelle sue varie parti (ma con un crescendo finale tastieristico intensissimo e riuscito), ma si tratta di scelte volute e studiate, così come tutto il disco: un disco che probabilmente i progressive "hardcorers" faticheranno ad apprezzare molto più degli "easy listeners", come il sottoscritto, che non riescono a digerire il prog difficile a tutti i costi, ma che tengono sempre in prima posizione l'importanza di una bella canzone, se poi è suonata in maniera stupefacente anche meglio.
In chiusura viene proposta una strana cover, dei
Nickelback, che tuttavia rende benissimo anche in questa particolare veste (non essendo fan della band canadese diremmo che rende meglio...), e parliamo di “
When We Stand Together”.
Cosa volere di più?
Un disco progressive, strumentale, ottimamente suonato e prodotto, di rapida assimilazione e che mette al centro del proprio obiettivo l'ascoltatore e non chi lo suona: merce rarissima oggi giorno!
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?