Un po' a sorpresa scopriamo i danesi
Sons of Death Valley flirtare con il Southern Rock, ma in realtà i colpi di scena non finiscono qua. Infatti, dopo i primi due polverosi minuti di un'opener che ci ricorda quello che è il nome del gruppo, la musica si fa improvvisamente aggressiva, fino a sconfinare nell'Hardcore Punk e nel Metalcore, per soluzioni che poi spadroneggiano nella successiva "My Confession", una canzone aggressiva guidata sul filo dello Sludge dalla voce quasi isterica di Dan.
Finito l'effetto sorpresa non resta quindi che lasciarsi coinvolgere dalla potenza e dalla carica dei Sons of Death Valley, che provano a dare un bello scossone con la ruvida e punlkettara "Shaking the Foundation of this World".
Le chitarre belle spesse e il drumming tosto di Kim sono le punte di diamante dell'album, mentre si sarebbe potuto far qualcosa di meglio a livello vocale, dato che Dan urla quasi sempre e spesso appare fin troppo sguaiato, e così accogliamo quasi con piacere le vocals filtrate di "Dark Days". In brani come "In God We Trust" o "Death Suits Us All" (dove giocano anche con il
vecchio Rock'n'Roll) sembra quasi di cogliere echi degli Spermbirds, poi in chiusura - assegnata alla titletrack - riemergono tutte le loro pulsazioni e tentazioni
western con tanto di armonica e slide guitar... pur senza rinunciare al cantato riottoso di Dan.
Un approccio piuttosto originale con il quale i Sons of Death Valley, da Copenhagen, ottengono anche risultati più che discreti.
You want it all, but you can't
read it
It's in your face, but you can't
read it
What is it? It's it
What is it? ... it's the
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