Copertina 6,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2005
Durata:52 min.
Etichetta:Small Stone
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. TESTIMONY OF THE MAD ARAB
  2. BY A THREAD
  3. THE SAME
  4. NANA DEL RIO
  5. DISTORDO II
  6. MEMORIES OF ORCHARD STREET
  7. EXCERPT VON SCHILLER
  8. REQUIEM
  9. BUSHMILLS JIMMY
  10. TWO FOR THE ROAD
  11. RAINY DAY BLUES
  12. THE TRAVELLER
  13. INCANTATION 13

Line up

  • Sina: guitar, vocals
  • Nila: bass
  • Clementine: drums

Voto medio utenti

Qualcuno si ricorderà delle Bottom, perchè un trio tutto al femminile ancora ai nostri giorni rappresenta un’eccezione nel panorama heavy. Oltretutto il loro “Feels so good when you’re gone” uscito nel 2001 per Man’s Ruin, seguito di un introvabile debutto autoprodotto, era un album che bene o male non passava inosservato. Disco pesantemente metallico, pieno di rabbia, violenza ed oscurità, un suono denso e massiccio attraversato da fosche vibrazioni doomeggianti, unico esile legame con l’area rappresentata dalla label di Kozik.
Comunque il fatto che emergeva con maggior chiarezza è che le tre Newyorkesi non amavano e non amano tuttora scherzare in fatto di musica, nemmeno andarci con la mano leggera a differenza di tanti colleghi maschi un po’carenti di virilità. Aggiungiamoci che da diversi anni il trio vive completamente “on the road”, girovagando negli States per suonare ovunque e con chiunque, e pur odiando io visceralmente la volgarità non trovo per le Bottom definizione migliore di questa: tre ragazze con le palle.
Dunque nessuno avrebbe fiatato se loro avessero semplicemente proseguito sulla linea del precedente disco, operando piccoli aggiustamenti com’è consuetudine generalizzata. Invece ha prevalso il desiderio dell’ennesima sfida, la voglia di sperimentare, di verificare i propri limiti ed ampliare gli orizzonti, magari con l’ambizione di stupire e dimostrare che i percorsi di crescita nell’estremismo musicale non sono patrimonio del solo universo maschile.
Ne è venuto fuori un album ermetico, eccessivo, difficile, disturbante, sicuramente controverso e qualunque sia il giudizio finale occorre dare merito alle Bottom del coraggio di stravolgere ciò che avevano proposto finora.
Un’opera ispirata a formazioni cerebrali come Neurosis, Isis, Tool, o magari alla corrente drone-ambientale venuta fuori negli ultimi tempi. Disco nel quale regna incontrastata un’oscurità agghiacciante che non è quella orrorifica del doom, bensì quella generata dalla disperazione, dalla follia, dal degrado urbano, dal collasso sociale. Questa è la cupa atmosfera che si respira in “You’r next”, dove il discorso musicale si pone obbiettivi estremi evitando quasi completamente la classica struttura-canzone.
Infatti i brani dai confini definiti sono pochissimi, c’è la lentissima e viscerale “The same” l’unica che riprende i temi del lavoro precedente, la sconvolta ed operistica “Requiem” ed una porzione finale che comprende qualche stravaganza come lo swing “Two for the road” e la ballatina country-blues “Rainy day blues”, che fa quasi tenerezza al confronto dell’orgia cacofonica che la precede.
Tutto il resto è provocazione, noise, heavy-dark-ambient, voci al vetriolo e gemiti di dolore (“Nana del rio”), silenzi estenuanti e strazianti distorsioni (“Distordo II”), litanie e sussurri, narcolessia, strumenti non convenzionali, caos e tenebra. La cantante/chitarrista Sina, perno centrale della band, ha concentrato i suoi sforzi sugli arrangiamenti e sulle vocals esasperate, concedendo alla chitarra ruoli di secondo piano o in alternativa lanciandola in solitarie eruzioni nel vuoto assoluto (“Testimony of the mad arab”,”Bushmills Jimmy”), mentre è la sezione ritmica ad ergersi come reale protagonista del lavoro con le sue cadenze mortifere e minimaliste prese in prestito da certo doom cimiteriale.
Ciò significa che in “You’r next” di musica in senso classico e convenzionale, se ne trova davvero poca. Pur nel rispetto e nell’ammirazione dell’originalità della proposta, posso anche dire che gli estesi passaggi criptici e rarefatti, le lunghe pause oscure ed ipnotiche, finiscono per provocare qualche sbadiglio di troppo.
In casi come questo comunque si giudichi si sbaglia. Bocciando si passa per retrogradi incapaci di accettare le nuove forme musicali, acclamando si viene accusati di far sprecare soldi alla gente per la vanteria di essere colti-cerebrali.
Come detto all’inizio, ho apprezzato l’intraprendenza e la forte personalità delle Bottom, le quali volevano realizzare un progetto diverso ed ambizioso e lo hanno fatto, indifferenti a qualsiasi discorso di spendibilità commerciale. Però è un disco che non entra nel lettore con facilità, richiedendo un’approccio mentale profondo e particolare, cosa che in tempi svagati e superficiali come questi è una zavorra assai limitante.

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