Nutrivo grande curiosità per questo ritorno dei
Nelson, gruppo rivalutato dal sottoscritto solo in “età adulta”, quando i pregiudizi sui gemelli più p(l)atinati del
rock si sono definitivamente dissolti grazie a un’opera davvero eccellente come “Lightning strikes twice”.
Per una volta nessun rischio di benevolenza “nostalgica” per la storia della
band, dunque, ma con un precedente così “impegnativo” da sostenere, ho affrontato “Peace out” oberato di enormi aspettative, malauguratamente in parte disattese alla prova dei fatti.
Il disco è piuttosto gradevole e soddisfacente, suonato e cantato con la consueta perizia, eppure qualcosa tra i suoi solchi non “funziona” a dovere a livello di coinvolgimento emotivo, e laddove l’incisione del 2010 toglieva il fiato per un programma assolutamente privo di controindicazioni, in questa nuova raccolta il
songwriting mostra taluni cedimenti, mai particolarmente rovinosi, invero, e tuttavia sufficientemente evidenti da lasciare un pizzico di “amaro in bocca” a chi si era galvanizzato per tanta opulenza.
L’inizio è in realtà assai promettente … a un godibile
anthem brioso e scanzonato dal titolo “Hello everybody”, fa seguito l’ammaliante forza espressiva di “Back in the day” (una sorta di
jam session tra Cheap Trick e Van Hagar) e “Invincible” (una “roba” tra Bon Jovi, Boston e Scorpions), mentre tocca a “Let it ride” palesare i primi deboli segnali di “stanchezza” compositiva, per fortuna prontamente emendati dalla spumeggiante “I wanna stay home”, un tonico rifrescante e corroborante, dagli effetti, come vedremo, purtroppo non del tutto duraturi.
“On the bright side” non illanguidisce come ci si aspetta da una
ballad targata Nelson, “Rockstar” torna a far sperare con il suo
groove contagioso, “Autograph” e la Bon Jovi-
esque “What's not to love?” riprendono, invece, a far fluttuare i sensi nell’ambito di una piacevole e competente
routine, da cui l’albo si risolleva con la grinta della
bluesy “You and me” e della cromata “Bad for you”, per poi ricadere nel manierismo con la
soulful “Leave the light on for me”, un altro momento sentimentale troppo epidermico per rapire i cuori degli
chic-rockers più smaliziati.
Una produzione di buon livello, sebbene non particolarmente “esplosiva”, e un procace
artwork rappresentano le ultime notazioni tecniche di questa disamina, che concludo giudicando “Peace out” un lavoro complessivamente di pregio e tuttavia un po’ troppo discontinuo per confermare i suoi autori tra i
leader attuali del settore … peccato, proprio ora che avevo aderito con un entusiasmo da
teen-ager (magari!) alla
Nelsonmania …