Esordio con i fiocchi questo dei genovesi
Winterage, un'opera che rinverdisce il symphonic power italico, genere spesso abusato e poco sentito. Quest'ultima affermazione nasce dopo attenti ascolti e annichilisce la prima impressione che si è avuta quando il disco è arrivato sulle nostre scrivanie. Guardando superficialmente l'artwork (molto bello tra l'altro) e leggendo di che genere si tratta viene quasi da portarsi le mani nei capelli e cominciare a strapparseli.
"Ecco, lo sapevo... Un altro album di power sinfonico che farà addormentare dopo neanche cinque minuti." Gli
Winterage però sorprendono, trasportano nel loro mondo fatto di orchestrazioni maestose e composizioni raffinate; verrebbe quasi da dire che è da almeno quattro o cinque anni, se non di più, che una release di questo ramo del power non desti così tanta sorpresa.
Nell'ultimo decennio la maggior parte dei protagonisti del symphonic stanno interpretando il ruolo di cosplayer di loro stessi, sfornando dischi per la maggior parte inascoltabili e, oltre a questi, è nato un vero e proprio esercito di cosplayer di Rhapsody (considerate entrambe le fazioni), Turilli e via dicendo, che hanno prodotto dei full-length talmente indecenti da sotterrare il genere sotto tonnellate di uscite-immondizia. Ogni tanto però ecco arrivare quell'album che fa entrare quel misero raggio di sole da una impercettibile fessura. Lo scorso anno furono i
Derdian con l'eccezionale
"Human Reset", quest'anno potrebbero essere proprio gli Winterage a farci pensare che esista ancora qualche speranza per il power sinfonico.
"Finalmente!" è la parola che salta alla mente quando si scopre che il gruppo ha radunato un'intera orchestra per le registrazioni e che non abbia adoperato i soliti samples (addirittura per un disco di debutto). "Ottimo!" si pensa quando si vedono elencati nomi del calibro di Dvořák, Mendelssohn, Guilmant, Verdi e Čajkovskij all'interno del booklet. Altri termini scaturiranno durante l'ascolto di
"The Harmonic Passage" e saranno del tutto positivi.
La qualità che sta alla base dell'album si intuisce già dall'eccellente intro
"Ouverture In Do Minore" che non assomiglia affatto a quelle inutili tracce d'apertura che imperano nell'ottanta percento delle uscite odierne. Epica, pensata, con inserti folk affascinanti, pulsante, l'ouverture lascia il posto alla prima, vera canzone di
"The Harmonic Passage", ovvero la title-track. In questo pezzo risaltano tutti i componenti della band, la parte sinfonica ben si intreccia a quella metallica, richiamando alla memoria i primi Rhapsody (quelli non anabolizzati per intenderci). L'elemento folk andrà via via rafforzandosi all'interno del disco, senza esagerare, ergendosi a parte integrante per la riuscita dell'opera. Siamo arrivati quindi al punto di dover lodare il lavoro di
Gabriele Boschi, perfetto, e di
Dario Gisotti, imprescindibile.
"The Flame Shall Not Fade" rispecchia quello che si è detto per la traccia precedente; siamo sulla strada giusta, nulla di sbilanciato.
"Wirewings" poggia tutto sull'interpretazione del vocalist
Daniele Barbarossa e sulle melodie di violino e tastiera.
"Son of Winter" spezza il ritmo, trascina in un mondo sognante arricchito dalla presenza della soave voce di
Silvia Traverso. La tolkieniana
"Caccia di Túrin" è un bel intermezzo orchestrato e recitato che cede il passo alla corposa
"Golden Worm".
"Victory March" è un altro brano strumentale ben concepito e strutturato, mentre la successiva
"La Grotta di Cristallo" è uno degli highlight di
"The Harmonic Passage": un esemplare misto di folk e metal, cantato per di più nella nostra lingua. La possente
"Crown To The Crowds", l'ispirata "Panserbjørne" (che prende spunto da "Queste Oscure Materie" di Philip Pullman), la solenne
"The Endless Well" portano verso la fine dell'album. La chiusura è lasciata alla lunga
"Awakening", dove si assaporano scorci dal "Lago dei Cigni" di Čajkovskij.
In conclusione, gli
Winterage sono riusciti a creare un debut album di tutto rispetto, che probabilmente gli è costato sudore e pecunia. Ce la faranno i nostri prodi guerrieri metallici a riportare il power italico nel posto che gli compete? Noi lo speriamo e glielo auguriamo con tutto il cuore. Concludo come loro hanno - quasi - chiuso il booklet:
The old that is strong does not wither.
Deep roots are not reached by the frost.J.R.R. Tolkien - "The Lord Of The Rings"
Teaser