Forse la vera chiave di lettura di questo secondo
full-length degli svedesi
Stonegriff è racchiusa nel titolo (e nei contenuti) della traccia numero sei del suo programma, “In doom we trust”.
Cosa ci si può aspettare da musicisti fedeli a suoni tanto perniciosi e tetragoni? Di certo non prospettive avventurose, contaminazioni o formule sonore destabilizzanti, tutta
roba che, peraltro, risulterebbe verosimilmente “indigesta” agli stessi
fans del genere.
Se, però, vi riconoscete nell’ultima categoria citata e siete, come devoti seguaci di
Sabs, Candlemass e Trouble, sempre alla ricerca di sensazioni gotiche, visioni ancestrali e riff solenni e ferali, il tutto officiato da una voce minacciosa e vagamente paranoide (con un pizzico del
Re Diamante nell'approccio interpretativo), direi proprio che “Come taste the blood” merita ampiamente la vostra attenzione.
Non è facile apparire credibili e appaganti in settori tanto codificati, e se gli scandinavi sono riusciti nell’intento è grazie alle loro buone capacità tecniche e alla spiccata attitudine nell’esporre il proprio travaglio interiore con forza espressiva e impatto emotivo, senza rendere il quadro complessivo fastidiosamente derivativo o, peggio ancora, troppo soporifero.
E così, anche se non fanno molto per “diversificarsi”, gli Stonegriff risultano godibili ed efficaci per tutta la durata di un’opera che comunque riesce a manifestare i suoi picchi nell'ossianica e rituale “Valkyrian quest”, nella melodia magnetica della
title-track, nella sinistramente insinuante “You're never alone” e ancora nella conclusiva “SALIGIA”, un gioiellino di arte lugubre e melodrammatica.
Un’ottima resa sonora, grazie al competente lavoro in cabina di regia di Andy LaRocque, rappresenta l’ultima nota di merito da assegnare a un disco di valore, da consigliare a tutti gli affiliati all'implacabile “armata delle tenebre”.
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