Copertina 8

Info

Dvd
Anno di uscita:2015
Durata:244 min.
Etichetta:Universal Music

Tracklist

  1. RAMMLIED
  2. B********
  3. WAIDMANNS HEIL
  4. KEINE LUST
  5. WEISSES FLEISCH
  6. FEUER FREI!
  7. WIENER BLUT
  8. FRÜHLING IN PARIS
  9. ICH TU DIR WEH
  10. DU RIECHST SO GUT
  11. BENZIN
  12. LINKS 234
  13. DU HAST
  14. PUSSY
  15. SONNE
  16. HAIFISCH
  17. ICH WILL
  18. ENGEL

Line up

  • Richard Z. Kruspe-Bernstein: guitar
  • Paul Landers: guitar
  • Till Lindemann: vocals
  • Oliver Riedel: bass
  • Christoph “Doom” Schneider: drums
  • Christian “Flake” Lorenz: keyboards

Voto medio utenti

Ultimamente, le tempistiche in casa Rammstein paiono essersi dilatate a dismisura.
Ciò che è peggio, per supplire all’impigrimento -forse sarebbe più corretto parlare di stallo creativo?- del sestetto non sono stati forniti diversivi efficaci: con riguardo alla band madre, bisogna accontentarsi di un best of del 2011 che porta, quale striminzita dote, un solo inedito ("Mein Land"). Nemmeno coi progetti paralleli siamo andati benissimo: l’impura unione tra Lindemann e Peter Tägtgren ha generato un pargoletto, “Skills in Pills”, sciocchino anzichenò; ancor più trascurabile -per non dire proprio brutto- “Silent So Long”, secondo album degli Emigrate di Richard Z. Kruspe.

Fortuna che il 25 settembre è uscito il nuovo live dvd…
Già, ma forse “nuovo” non è l’aggettivo più calzante: parliamo delle registrazioni di un concerto risalente all’11 dicembre 2010 (!), cui viene affiancato, in veste di extra, il Making Of di “Liebe Ist Für Alle Da”, disco rilasciato nel 2009 (!!).
Tempistiche dilatate, dicevamo.

Sarà valsa la pena di attendere così a lungo per “Rammstein in Amerika”?
Riusciranno almeno loro, dopo lo scandalo Volkswagen, a tenere alta e sventolante la bandiera teutonica?
Di seguito il mio umile -e più possibile imparziale- parere di fan dall’ormai remoto 1997…

Premesse storiche
Desidero prevenire sin d'ora i soliti, tediosi dubbi circa l’opportunità di una simile operazione commerciale (da fedele dei Maiden ci sono abituato). Lo so: non parliamo del primo show dei Rammstein immortalato dalle telecamere, e forse non tutti gli esseri umani al mondo sentivano l’insopprimibile esigenza di un loro nuovo live dvd; d’altro canto, non realizzare un home video (si dice ancora?) per una data di siffatta rilevanza sarebbe stato addirittura folle.
Parliamo di una esibizione tenutasi in una delle venue più affascinanti dell’emisfero occidentale, il Madison Square Garden; si tratta della prima data dei tedeschi sul suolo U.S.A. dopo ben dieci anni di assenza; gli oltre 18.000 biglietti sono stati spazzolati in poco più di 25 minuti.
Un autentico trionfo, il pinnacolo di un’intera carriera, la definitiva consacrazione -non solo in termini di popolarità, ma anche di spessore artistico- di una band lontana anni luce dalle raggelanti tendenze musicali in voga oltreoceano.
Spero ciò basti ad estinguere eventuali focolai di polemica.

Packaging
Davvero splendido; d’altronde, sotto questo profilo i Rammstein non deludono mai.
L’artwork, lo sfondo argentato, la confezione, il booklet, si presentano agli occhi dell’acquirente in modo tanto stiloso (perdonate l’orrido termine, ma qui calza a pennello) quanto accattivante.
Pur nella mia uggiosa eterosessualità, ho molto apprezzato le fotografie scattate ai Nostri: di schiena, mentre contemplano suggestivi paesaggi del continente americano… nudi come mamma li ha fatti. Natiche a go go.

Video
Premessa: l’analisi che segue si basa sulla visione del formato blu ray che, come saprete, si pone un gradino sopra rispetto agli obsoleti dvd -fonti nerd mi riferiscono che ormai siano obsoleti anche i blu ray non Ultra HD, ma ne ho acquistati troppi per ammetterlo-.
Bisogna dirlo: gustarsi lo spettacolo con un maestoso televisore 65 pollici (consiglio da amico: quando valutate pro e contro del matrimonio, ricordatevi di inserire la lista nozze nel novero della prima categoria) costituisce un bel bonus. Ma anche sorvolando sul mio gretto materialismo maschilista non si può negare che, sotto questo profilo, sia stato svolto un lavoro egregio.

La qualità video in senso stretto, infatti, è formalmente inattaccabile: addirittura un potenziale limite, quale l’ambiente molto scuro del Madison, si tramuta in punto di forza, ponendo ancor più in risalto giochi di luce, effetti speciali e pyro che di volta in volta animano il palco. I colori risultano vivi senza sfociare in una saturazione eccessiva, mentre la pulizia dell’immagine si mantiene sempre su livelli ragguardevoli.

Sotto il profilo registico, invece, qualche piccolo rilievo critico sembra corretto muoverlo. Hannes Rossacher aveva a disposizione 14 telecamere per filmare il concerto, e temo si sia fatto prendere un po’ la mano. Il montaggio è sovente vorticoso, mentre i continui cambi d’inquadratura portano alle conseguenze che chiunque può immaginare: grande dinamismo, resa invidiabile nei momenti più concitati, ma nel contempo un pelo di confusione e poca accortezza nell’enfatizzare i passaggi strumentali più significativi dei singoli musicisti.
Altro difettuccio: un uso forse eccessivo dei primi piani sul pur carismatico Till.

I ben informati narrano che, alla base del notevole ritardo con cui “In Amerika” è stato rilasciato, vi siano problematiche legate proprio alla qualità delle immagini e del montaggio, il che avrebbe reso necessario l’utilizzo di numerosi spezzoni video filmati in altri concerti del medesimo tour.
In tutta onestà, non so se ciò risponda o meno a verità; ad ogni modo, prima che qualcuno s’infervori e gridi allo scandalo, sottolineo che si tratta di una pratica piuttosto comune, soprattutto fra le band con un minimo di budget (esempio su tutti: i già citati Iron Maiden, partendo dal “Live After Death” per arrivare a “En Vivo!”).
Certo, capisco che la consapevolezza del taglia e cuci possa diluire il livello di immedesimazione dello spettatore e di coesione dell’esperienza visiva; d’altra parte, quando il collage è ben fatto e migliora la qualità complessiva delle riprese ben venga, no?

Audio
Beh, a costo di risultare pedante tocca ripetermi: rivalutate l’istituto giuridico del matrimonio. È sempre grazie ad esso che posso godermi il concerto con un possente Home Theater 5.1 in grado di dopare non poco surround e profondità del comparto audio.
In ogni caso, “In Amerika” funzionerà alla grande su qualsiasi impianto: il mixing è impeccabile, e gli strumenti escono roboanti e nitidi al tempo stesso. Peccato per qualche sporadico passaggio sonoro meno brillante di altri e per lo scarso rilievo concesso al pubblico (salvo qualche coro, che si staglia in modo sospetto), ma nulla per cui valga la pena lagnarsi.

Setlist
Non serve un fine pensatore per individuare il discrimine di gradimento di una scaletta fortemente liebeistfüralleda-centrica: se la svolta metallica impressa da quell’album vi aveva lasciato freddini, lo stesso potrebbe accadervi con il live video in esame. Se invece, come il sottoscritto, ancor oggi adorate il sesto full length dei berlinesi, non potrete che godere per le numerose tracce da esso estrapolate.
Ad ogni buon conto non mancano nemmeno i classiconi, anche se io le strappalacrime “Mutter” e “Ohne Dich” non le terrei mai fuori…

Prestazione dei musicisti
Chiunque abbia assistito ad un concerto dei Rammstein sa di che razza di live performer stiamo parlando. Magari non potremo definirli dei funamboli dei rispettivi strumenti, ma la professionalità, la potenza e la compattezza delle loro esibizioni ha pochi eguali nel panorama odierno.
L’esibizione al Madison non fa eccezione, fatta salva qualche sbavatura vocale di Till che, comunque, viene ampiamente compensata dalla sua timbrica unica e dal suo straordinario magnetismo. In ogni caso il vero eroe, come sostengo da una vita, è Flake.

Voto al primo dischetto: 8

Documentary: Rammstein In Amerika
Iniziamo da una mesta conferma: l’Italia, nello spietato mondo dei sottotitoli, gode di scarsissima considerazione. Così, se non masticate tedesco, inglese, spagnolo, francese, cinese, portoghese o russo, mettete in conto qualche difficoltà aggiuntiva nella comprensione del documentario.
Gli altri, invece, si preparino a due ore di grande libidine.

La narrazione parte da lontano, andando a ripescare impagabili spezzoni che ritraggono le prime esperienze musicali in una Berlino ancora divisa dal famigerato muro. Scopriamo così un background sociale davvero particolare, respirando le plumbee atmosfere della Cortina di Ferro e facendoci contagiare dall’insopprimibile brama di ribellione che emerge dai concerti della punk band Feeling B, in cui militavano tre membri della line up.

Assistiamo poi, spalleggiati da una voce femminile fuoricampo e dai ricordi degli stessi protagonisti, alla fondazione del gruppo e all’insperata breccia nel mercato statunitense, per la quale si deve ringraziare l’inserimento di “Rammstein” (la canzone) nella colonna sonora di Strade Perdute/Lost Highway, criptica pellicola di David Lynch.
Da quel germoglio d’interesse cresce una scommessa che pare persa in partenza: può una industrial metal band che canta in tedesco, composta da sei individui che non spiccicano una sola parola d’inglese, sfondare nella Terra delle opportunità?
La risposta, come ovvio, è un tonante sì.
Ma non è stato affatto facile.

Il divieto di usare effetti pirotecnici a Chicago -più o meno è come se in un concerto dei Van Halen proibissero ad Eddie di eseguire assoli-, l’arresto di Till e Flake per gesti osceni sul palco a Worcester -evito di esprimere la mia opinione sul bigottismo di matrice repubblicana, altrimenti mettono in gattabuia pure me-, l’ostilità dei fan dei Kiss per quel gruppo spalla così diverso dai loro beniamini truccati, l’estrema difficoltà nel farsi comprendere da colleghi musicisti, fans, organizzatori, lo sgomento di fronte al bieco attentato alle Torri Gemelle…

D’altra parte, tutti gli ostacoli che Paul Landers e soci hanno dovuto superare per imporsi nel mercato a stelle e strisce devono aver reso il raggiungimento del traguardo ancor più dolce.
Il contagioso singolo “Du Hast” passato in heavy rotation su radio ed MTV, il Family Values Tour con Korn e -gli inascoltabili, insopportabili, inaccettabili- Limp Bizkit e, da ultimo, quel fulmineo sold out al Madison di cui narravamo, ripagano di tanti anni di gavetta e frustrazione, proiettando i Nostri in una dimensione solitamente riservata a realtà musicali ben più accessibili e mainstream.

Ad ulteriore conferma della considerazione di cui i Rammstein godono oltreoceano intervengono i numerosi attestati di stima delle celebrità intervistate: da Iggy Pop a Kiefer Sutherland, da Scott Ian a Chad Smith, da Moby a Marilyn Manson, tutti con buone parole da spendere.
Peana a parte, non si esagera mai sul fronte dell’autocelebrazione: il taglio rimane sostanzialmente documentaristico e moderatamente apologetico. Meno male.

Mia moglie sostiene che alla fin fine manchi un po’ di “succo” -traduzione: dietro le quinte, aneddoti, confessioni, turpitudini, sconcerie etc.- e forse non ha tutti i torti, anche se alcuni momenti di backstage sapranno strapparvi più di un sorriso.
Da parte mia, poi, ho trovato qualche sfilacciatura nell’ordito narrativo, il quale, soprattutto nella seconda metà, smarrisce la strada maestra e finisce per indugiare troppo a lungo su accadimenti non proprio attinenti (la rima non è voluta).

Dato atto di queste lievi falle, ci troviamo davvero di fronte ad un documentario ricchissimo, interessante e ben confezionato.
Genau!

Making of Liebe Ist Fűr Alle Da
La chiusura del secondo blu ray è affidata a un piccolo (circa venti minuti) cortometraggio che ripercorre i giorni spesi dai Nostri negli studi di registrazione in California.
Si tratta di un gradito complemento ai contenuti sopra analizzati, e nulla più: alcune interviste sono presenti anche nel documentario “In Amerika”; non sempre le testimonianze si rivelano memorabili -quelle dell’ingegnere del suono Florian Ammon in particolare, ma con quel berretto sarebbe stato comunque difficile risultare credibili-; si tratta con ogni probabilità di una operazione che giunge fuori tempo massimo, visto che si sofferma sulla genesi di un disco sì bellissimo, ma privo di statura e peso storico tali da giustificare una retrospettiva di tal fatta.
Però la casa sull’albero in cui dormiva il bassista Oliver Riedel durante le recording sessions è splendida, il sogno di ogni bambino.

Voto al secondo dischetto: 7,5

Conclusioni
Presumo che solo pochi siano giunti sino a questo punto nella lettura, e suppongo inoltre che -escludendo temerari e masochisti- quei pochi siano tutti fans della band teutonica.
Quindi, cosa aspettate? Accaparratevi quanto prima questo doppio blu ray/dvd, e godetevi un live show spettacolare come pochi e un documentario oltremodo succulento.

A temerari e masochisti suggerisco invece di non scartare a priori un eventuale acquisto: vedi mai che non sia proprio “In Amerika” a farvi infine apprezzare quella che, a mio modesto avviso, rimane una delle migliori band degli ultimi vent’anni...

Rammstein
Ein Weg
Ein Ziel
Ein Motiv

Rammstein
Eine Richtung
Ein Gefühl
Aus Fleisch und Blut
Ein Kollektiv



Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 07 ott 2015 alle 22:40

Cavolo Marco, una disamina con la lente d'ingrandimento. Eccezzzzionale. L'occasione per rispolverare il mio interesse per i tedesconi, che non ascolto da un bel po'.

Inserito il 07 ott 2015 alle 15:06

E chi se lo perde. Io amo sti crucchi.

Inserito il 07 ott 2015 alle 08:39

Sarà mio!!!

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