Gli australiani
Darkyra Black nascono nel 2013 come progetto personale della singer
Gina Bafile, che l'anno seguente dà alle stampe un debut interessante, che si assestava dalle parti di un gothic metal con qualche venatura symphonic qua e là.
Il 2015 ci presenta una band che è diventata ufficialmente tale, con una line-up stabile ed un secondo album, il qui presente "
Fool", a suggellare la vita artistica del combo.
Obiettivamente, Darkyra Black si è sempre presentato come un progetto ambizioso e non ha mai lesinato parole grosse, paragoni ingombranti e una certa attitudine self-confident che,
come già diceva il mio collega Perlini l'anno scorso, rischia di ritorcertisi contro come un boomerang.
Il secondo capitolo, parliamoci chiaramente, non ha molto di accattivante, anzi. La componente gothic è sparita quasi del tutto, lasciando spazio a composizioni heavy classiche, seppur spesso accompagnate da orchestrazioni e da un coro che tende a risaltarne il lato sinfonico o operistico; ma qui di base siamo ahinoi di fronte ad un prodotto poco ispirato.
Le prime tracce, come "
Who are they to judge you" o "
Truth or Dare", presentano ritornelli un pò scontati e una struttura-canzone che (ovviamente) poggia tutta sulla voce di Darkyra, che è una signora cantante, per carità, ma che di certo non è ai livelli di più famose colleghe oltreoceano, e mi astengo dal fare nomi perché i paragoni sono poco delicati ed inutili. "
Of fools and Gold" cerca di spostare la partita un pò di più verso il territorio Nightwish, ma non avendo l'ispirazione compositiva di Holopainen; le sfumature folk che sento qua e là nella song (ed in altre in giro per il cd) a volte mi danno la suggestione della colonna sonora, ma ripeto, qui purtroppo non manca altro se non la effettiva qualità delle composizioni.
L'album prosegue con "
Where will I be", mid tempo abbastanza inoffensivo, come anche il successivo “
Bleed”, che mi aveva illuso con un bel riff, ma che come al solito si perde in linee vocali inoffensive e non indelebili.
La seconda parte di questo concept, a titolo "Faces by the Fountain", si apre con la heavy “
The Wish Never Fades”, e procede senza sostanziali cambi di atmosfere giù giù fino a “
Fountain of Frozen Dreams”, emergendo dalle sabbie mobili forse soltanto nel brano “
Desperation”, un minimo più personale e oscuro.
Insomma, avrete capito. “Fool” non è un brutto album, ma di sicuro gli mancano le carte per colpire l’ascoltatore, soprattutto nella fascia di mercato, saturatissima, in cui tenta di collocarsi. Peccato.
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