Gandy Metal. Segnatevelo eh, perché tra 10 o 15 anni dominerà il mondo, lo suoneranno tutti e sarà sulla bocca di tutti. No, non è roba che suono io, anche perché faccio fatica già col campanello di casa, figuriamoci con uno strumento musicale in mano. Il “Gandy Metal” è l’etichetta che i miei simpatici colleghi hanno dato a tutti quei gruppi che piacciono (quasi) solo a me, ovvero quelli a cavallo tra il metalcore e il djent, quelli che ci piazzano di mezzo anche un po’ di prog e quelli che suonano roba strana, con gente che urla e si dimena, suona coi chitarroni alla Meshuggah e aggiunge corde su corde a strumenti che ne avrebbero già a sufficienza.
Gli
Heart of a Coward fanno quindi parte di questo novero? Assolutamente si.
Sono bravi? No, sono molto bravi.
“
Deliverance” è il terzo album della band inglese, il secondo sotto l’egida della superpotenza Century Media, dopo l’acclamatissimo (anche sulle nostre pagine) “Severance” del 2013. Giustamente acclamato peraltro, perché quell’album segnava fino ad oggi il punto più alto della pur risicata discografia dei ragazzi di Milton Keynes.
Fino ad oggi appunto, perché questo nuovo “Deliverance” è un ulteriore passo in avanti per gli Heart of a Coward, un passo verso l’olimpo del Gandy Metal. Metalcore arricchito di parti djent non troppo forzate (fatta eccezione per la devastante “
Grain of Sand”), una voce allucinante, quella di
Jamie Graham, che raramente tocca le corde del clean, una sezione ritmica paurosa comandata dal pedale di
Christopher Mansbridge e una coppia d’asce di tutto rispetto, formata da
Carl Ayers e
Steve Haycock, che pur non esagerando mai nei virtuosismi, riescono a macinare riffoni granitici con una facilità imbarazzante. Scelta potenzialmente rischiosissima quella di piazzare in apertura il miglior pezzo del disco, quella “
Hollow” selezionata abilmente come singolo apripista, con quello schema strofa pestata – ritornello catchy così tanto in voga, scelta che si rivela invece azzeccata per introdurre anche il più scettico degli ascoltatori al viaggio in compagnia degli Heart of a Coward, un viaggio che passa attraverso la doppia “
Turmoil” (già mi riesco a figurare gli wall of death e i circle pits ai concerti), la tastierosa “
Mouth of Madness” e la title-track “
Deliverance”, prima della conclusione lasciata nelle mani della doppia “
Skeletal”, dove nella sotto-traccia “
Arise” possiamo apprezzare anche il lato più soft della band d’oltremanica, giusto per non farci mancare nulla.
Che dire (no, non quello della Juve), gli
Heart of a Coward si confermano band dal potenziale immenso, in costante crescita e capace di intrigare e fomentare con un sound moderno e mai troppo banale, caratteristiche necessarie a spiccare in una selva ormai in via di saturazione. “
Deliverance” è senza dubbio uno dei migliori album del 2015 per il genere proposto, fareste bene a non farvelo sfuggire..sempre se siete amanti del Gandy Metal, s’intende.
Quoth the Raven, Nevermore..
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