A cavallo tra l'heavy più classicamente NWOBHM dei primi anni ottanta ed uno speed/thrash, sempre saldamente ancorato nel passato in ogni sua sfumatura, tornano gli svedesi
Steelwing con il terzo capitolo della loro storia musicale.
"
Reset, Reboot, Redeem" prosegue liricamente a tracciare il mondo distopico immaginato dagli Steelwing, una sorta di scenario alla Mad Max, con la razza umana impegnata a sopravvivere in uno scenario desolante, pericoloso e infestato dalla presenza delle macchine.
I suoni si sono induriti rispetto al precedente "
Zone of Alienation", e la prestazione (ottima) del singer
Riley spazia tra vocals potenti e 'gonfie', urla tipicamente thrash, fino ad occasionali incursioni nel growl. Il tutto incapsulato in un album che suona dannatamente
vecchio, ma lo fa apposta e lo fa bene, dalla produzione ai suoni, soprattutto quelli di batteria, tremendamente 'live' e grezzi ma potenti.
Intro inquietante e si parte subito con la title track, che potete anche ascoltare qua sotto, e siamo già in pieno Steelwing-world. Il mood dell'album resterà più o meno lo stesso fino alla fine, con brani più pestati ("
Och världen gav vika", cantata in svedese), altri che sembrano outtakes dei Maiden era Di'Anno (la stessa title track, o "
Architects of Destruction") ed accelerazioni selvagge, come la conclusiva "
We Are All Left Here to Die".
Niente che faccia gridare al miracolo, ma se amate un certo tipo di sonorità, qui abbiamo una band onesta, che ama quello che fa e se ne sbatte di mode e fronzoli. Not Bad.
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