Ecco che ritroviamo, sotto le insegne di un pezzo dei Metal Church (niente meno che l'opener dello stupendo "Blessing in Disguise" del 1989), cinque musicisti che hanno fatto parte di formazioni quali Frozen Tears, Juglans Regia, Dust Devil o Dragonia, e che ora si ripropongono – appunto - come
Fake Healer.
"
Two Worlds" è il loro album d'esordio, ma a dispetto delle origini del nome non hanno molto della formazione di Seattle, guardano più che altro al classico Heavy Metal europeo con un occhio di riguardo verso la N.W.B.O.H.M., e se proprio dobbiamo andare oltreoceano punterei piuttosto sugli Omen, sui primi, quelli con J.D. Kimball alla voce, dato che
Alessio Taiti, lasciatosi alle spalle le forti influenze halfordiane, in alcuni momenti ricorda proprio lo sfortunato cantante statunitense, ad esempio nel chorus della marziale e cadenzata "
Lonewolf" o nelle prime battute di "
The Machinist (the Groove in the Grave)".
L'iniziale "
Justice Within" ci mette subito sulle tracce dei
Fake Healer, musicalmente robusti, dalle cavalcate ariose e da refrain con un bel taglio melodico, che
Alessio Taiti è in grado di interpretare con una marcia in più. E la stessa formazione toscana aumenta poi la velocità con "
Land Grabbing" fino a schizzare via con la briosa "
Killing the Pain".
Da segnalare la presenza di
Chiara Luci (voce dei Seventh Seal) a duettare con
Taiti sulla titletrack, peraltro la canzone più maideniana del lotto, mentre sulla già citata "
Killing the Pain" gli ospiti sono ben due: il chitarrista
Pasquale Bianco (ancora dai Seventh Seal) e
Alessio Gori, cantante dei Flashback of Anger.
Se la ruvida "
Rats in the Den" si segnala per il suo mood oscuro, la successiva "
The Machinist (the Groove in the Grave)" si propone come il brano più strutturato e ambizioso del disco, e non delude certo le aspettative, sia nel cantato sia a livello strumentale, dove incrociamo
Leonardo Taiti e
Simone Cocco abili a rincorrersi. Infine, la conclusiva "
Loud n' Proud" ha il duplice compito di omaggiare l'omonima trasmissione radiofonica (della quale si possono cogliere alcuni passaggi), ma anche di spiazzare l'ascoltatore con quel suo approccio guascone, spiccatamente ottantiano e in forte debito con i Judas Priest.
Prodotto negli FP Studio Recording di Freddy Delirio, ma comunque uscito in regime di totale autoproduzione, "
Two Worlds" non ha nulla da invidiare, anche a livello grafico, ad altre uscite supportate dalla varie etichette di settore, che farebbero bene a guardare anche dalla loro parte.
You want it all, but you can't
read it
It's in your face, but you can't
read it
What is it? It's it
What is it? ... it's the
review
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