Forti di un tour di successo in compagnia degli Uriah Heep la scorsa estate, e di due apparizioni consecutive nel celebre Sweden Rock Festival, gli svedesi Spearfish hanno finalmente trovato il tempo di far uscire il loro secondo lavoro, che segna anche il passaggio alla Lion Music, dopo che l'esordio "Affected by time", del 2002, era stato licenziato dalla Sweden Rock Records. "Area 605" rappresenta un buon come back per la band, che nonostante le sue origini scandinave, propone un hard rock settantiano molto britannico, in cui le influenze di Led Zeppelin, Uriah Heep e dei primissimi Rush sono piuttosto evidenti. Non a caso il gruppo ha scelto di includere all'interno dell'album una riuscitissima cover di "Limelight", uno dei brani più belli del trio canadese, la quale è resa in una versione molto vicina all'originale, e non stona assolutamente nel contesto del disco. Per il resto il disco parte alla grande, con due track robuste e veloci come "Fate" e "The end", che mettono in evidenza le buone doti strumentali dei tre, anche se la voce di Thomas Thulin, acuta e tagliente in pieno stile americano, risulta un po' troppo monocorde, rischiando spesso di annoiare nel prosieguo dell'ascolto. Un altro difetto è, a mio parere, la scarsa propensione degli Spearfish alle accelerazioni e agli up tempos, privilegiando composizioni cadenzate e meno d'impatto, come "Burning candles" o "Reckoning", che sono per la verità piuttosto pesanti da digerire. Nonostante tutto, il disco si mantiene su un livello di piena sufficienza, merito soprattutto di una ballad come "All said 'n' done", in cui i nostri guardano palesemente a Guns 'n Roses e Skid Row, e alle conclusive "Broken" e "Losing Myself", ottime hard rock songs, che confermano che quando la band si lancia a briglie sciolte ci sa fare davvero. Un disco interessante dunque, questo "Area 605", una conferma positiva per una band in crescita, ma che ha ancora tanta strada da fare se vuole davvero raggiungere i vertici!
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