Copertina 5,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2016
Durata:70 min.
Etichetta:Nuclear Blast

Tracklist

  1. MYSTERY OF A BLOOD RED ROSE
  2. LET THE STORM DESCEND UPON YOU
  3. THE HAUNTING
  4. SEDUCTION OF DECAY
  5. GHOSTLIGHTS
  6. DRACONIAN LOVE
  7. MASTER OF THE PENDULUM
  8. ISLE OF EVERMORE
  9. BABYLON VAMPYRES
  10. LUCIFER
  11. UNCHAIN THE LIGHT
  12. A RESTLESS HEART AND OBSIDIAN SKIES

Line up

  • Tobias Sammet: vocals
  • Sascha Paeth: guitars, bass, keyboards
  • Michael "Miro" Rodenberg: keyboards, orchestration
  • Felix Bohnke: drums
  • Herbie Langhans: vocals (on "Draconian Love")
  • Robert Mason: vocals (on "Let the Storm Descend upon You", "Babylon Empyres")
  • Bruce Kulick: guitars (on "Babylon Vampyres", "Lucifer", "A Restless Heart and Obsidian Skies")
  • Oliver Hartmann: guitars (on "Let the Storm Descend upon You", "Ghostlights", "Babylon Vampyres", "Unchain the Light")
  • Dee Snider: vocals (on "The Haunting")
  • Geoff Tate: vocals (on "Seduction of Decay")
  • Marco Hietala: vocals (on "Master of the Pendulum")
  • Sharon den Adel: vocals (on "Isle of Evermore")
  • Michael Kiske: vocals (on "Ghostlights", "Unchain the Light")
  • Ronnie Atkins: vocals (on "Let the Storm Descend upon You", "Unchain the Light")
  • Bob Catley: vocals (on "A Restless Heart and Obsidian Skies")
  • Jorn Lande: vocals (on "Let the Storm Descend upon You", "Ghostlights", "Lucifer")

Voto medio utenti

Dopo gli Iron Maiden, band che con una musicassetta trovata in una cabina telefonica mi ha aperto gli occhi sul metal, gli Avantasia e i Sonata Arctica sono i due gruppi che mi hanno catapultato nel mondo del power, rispettivamente con “Metal Opera” ed “Ecliptica”. Inutile dire che le suddette band occupino un posto speciale nel mio cuore di appassionato, così com’è inutile ricordare quanto i Sonata Arctica, con l’ultimo studio album e soprattutto col remake di Ecliptica, questo cuore l’abbiano seriamente incrinato.

Ci pensano quindi gli Avantasia a distruggerlo quasi del tutto con “Ghostlights”. Sì perché la quinta (mi rifiuto di scindere “Metal Opera”, fatelo voi se volete) fatica in studio del progetto creato da Tobias Sammet ormai 15 anni fa, come progetto parallelo ai suoi Edguy, è una delusione (quasi) completa.
Carico di aspettative come non mai, dati i nomi coinvolti in questo nuovo capitolo (il ritorno di Sharon Den Adel, Marco Hietala, Geoff Tate), il mio cuore danneggiato dal signor Kakko gioiva preventivamente, con l’obiettivo dichiarato di rimarginare ferite profondissime. L’attesa si fa febbrile quando esce finalmente il primo singolo, "Mystery of a Blood Red Rose”, brano in pieno stile (nuovi) Avantasia, quasi un ottimo B-Side di “Mystery of Time” per l’affinità stilistica con il penultimo disco, interpretato in solitaria da un buonissimo Sammet. Niente di eccezionale, sia chiaro, ma comunque un apripista più che sufficiente.
Il brano in questione apre quindi positivamente il disco, ingozzando la scimmia che ormai stazionava sulle mie spalle senza intenzione di levarsi. E la successiva “Let the Storm Descend Upon You”, suite di 12 minuti e spicci che si presenta un po’ come un remake ideale dell’immensa “Runaway Train”, parte ottimamente, con una piacevole alternanza tra le voci di Sammet, del solito enorme Lande, del buon Ronnie Atkins e della “sorpresa” Robert Mason..parte ottimamente e finisce a sbadigli. Per metà è un brano positivissimo, dal buon tiro, con 4 voci bellissime, il problema è che l’altra metà è un rincorrersi senza meta (scusate il gioco di parole) tra le suddette voci e una chitarra spompata. Andava proprio fatta ‘sta suite così lunga? Ormai è d’obbligo? Mah.
Proseguiamo con la doppietta “The Haunting”-“Seduction of Decay”, due brani semplicemente BRUTTI, terribilmente noiosi, deprecabile copia di quei brani più “oscuri” della discografia Avantasia, da “The Toy Master” a “Death is Just a Feeling”. Peccato che Geoff Tate (ormai s’è bruciato anche la voce, oltre al cervello) e un pur buon Dee Snider non valgano in questo caso la metà di Alice Cooper e Jon Oliva, vivacchiando su linee vocali di una pochezza sconcertante, “ben” supportati da due brani dalla struttura deficitaria. Direi forse due tra le peggiori canzoni mai scritte dal buon Tobi, se non fosse..lo vedremo più avanti, purtroppo.
Per fortuna dopo questo doppio passo falso ci pensa il sommo Michael Kiske a risollevare il disco, assoluto padrone di una “Ghostlights” dal sapore power che più power non si può: solita prestazione da urlo del vocalist di Amburgo, su un brano che fin dalla prima nota sprizza bellezza da tutti i pori e che raccoglie adeguatamente l’eredità dei migliori brani interpretati in chiave Avantasia dall’ex biondocrinito degli Helloween, dalla più recente “Where Clock Hands Freeze” fino a “No Return” e “Reach Out For the Light”, anche se la somiglianza più netta è con “Judas at the Opera” degli Edguy. Uniteci una parte finale in cui s’inserisce alla grande anche il solito Jorn Lande, in un duetto che ha sempre e solo donato capolavori, e il brano migliore del disco è facilmente servito.
Peccato che a seguire ci sia quello che a mio parere è il brano peggiore del disco, della discografia degli Avantasia e forse della discografia tutta di Tobias Sammet: “Draconian Love” mi ha spinto a skippare dopo 10 secondi netti e lo sforzo per arrivare alla fine dei 5 minuti è stato davvero enorme. Ma che è, i Duran Duran? Ma siamo seri? Ho letto di paragoni con i Type O Negative..lasciamo stare Peter Steele, per favore, che se potesse ascoltare questo brano si rivolterebbe nella tomba. Andiamo oltre senza spenderci troppe parole, che è meglio.
Master of the Pendulum” è l’unico brano che vede il buon Marco Hietala alla voce, non brillando particolarmente ma non lasciando nemmeno troppo l’amaro in bocca. Sarà che il confronto con l’obbrobrio precedente avrebbe fatto ben figurare qualsiasi cosa, ma tant’è, il brano è bello aggressivo e si adatta bene alla voce graffiante del finlandese dei Nightwish, salvo scadere lievemente d'intensità nel pur orecchiabile ritornello.
Si passa quindi a quella che è forse la delusione più grossa del disco: vi ricordate in “Metal Opera” quel brano da pelle d’oca qual’era “Farewell”, duetto tra una Sharon Den Adel all’epoca quasi sconosciuta e Michael Kiske? Beh da allora attendevo il ritorno di Sharon alla coorte di Tobi..il risultato? “Isle of Evermore” è forse la ballad meno incisiva mai uscita dalla penna di Tobi, banalissima e scontata nonostante una Sharon al solito commovente, che ha l’indiscusso merito aggiunto di levarci dalle palle Cloudy Yang. Discorso già sentito? E’ il leit-motif di questo disco, purtroppo, che a (pochi) pezzi davvero molto belli affianca purtroppo delle boiate atomiche, che affossano il valore di un disco altrimenti sufficiente.
Dicevo pezzi davvero molto belli ed ecco che arriva puntuale “Babylon Vampyres”, altra cavalcata power che dimostra che Tobi, quando è in vena, sa ancora scrivere dei gran bei pezzi. Il fatto che i due migliori episodi del disco siano in chiave power è comunque indicativo..e mi fermo qui. Brano tirato, con una prestazione alla chitarra superlativa da parte della coppia d’asce Oliver HartmannBruce Kulick. Ecco, mi dispiace non sentire più Hartmann alla voce, ma anche solo alla chitarra è sempre un piacere per i padiglioni auricolari. Anche qui ottimo Robert Mason, senza dubbio una delle sorprese più piacevoli di “Ghostlights”.
Jorn Lande torna a dominare con la sua meravigliosa voce sulla successiva “Lucifer”, ma è l’ultima apparizione del vocalist norvegese. Ed ecco trovato forse il difetto più grosso di questo nuovo album degli Avantasia, che è poi anche la differenza maggiore rispetto al passato, ovvero il pochissimo spazio dato alla due voci più talentuose a disposizione nella faretra di Sammet, quella di Lande appunto e quella del mostro sacro Kiske. Su “Lucifer” Lande ci dimostra come si fa a interpretare con sentimento e talento smisurato un brano sentito e sofferto, accompagnato meravigliosamente da un ottimo Miro Rodenberg. Anche a riascoltarlo ho i brividi fino alla pelata: capisco le necessità di un’opera così vasta, ma una voce come quella di Jorn non può certo essere così limitata. Brano che con la title-track si gioca la palma di migliore del disco, nonostante un finale un po’ buttato lì e che poteva essere sviluppato meglio, magari prolungando anche il brano di un paio di minuti, data la bellezza.
Chiudono “Unchain the Light” e “A Restless Heart and Obsidian Skies”: la prima è un mid/up-tempo travestito da brano power, particolarmente incisivo a livello vocale (Kiske nel ritornello e Ronnie Atkins oltre all’onnipresente Tobi nelle strofe) ma appena sufficiente a livello strumentale, in particolare per alcune linee di chitarra decisamente già (troppo) sentite; la seconda è, purtroppo, d’una banalità rara, con un Bob Catley che purtroppo dimostra che gli anni passano per tutti. Sarà una bellezza vederlo agitare le mani come il migliore dei predicatori in sede live, cantando “Sign of the Cross” insieme al resto del popolo Avantasia, ma sentirlo chiudere questo “Ghostlights” è decisamente una faticaccia. Il brano in sé, va detto, non è nemmeno malissimo nelle strofe, ma scade in un ritornello banale che ricorda (in brutta copia) "The Story Ain't Over".

Insomma, tirando le fila: mi piange il cuore, ma “Ghostlights” è il peggior album degli Avantasia, globalmente insufficiente per colpa di brani assolutamente non all’altezza, brutta copia di quanto sentito in passato, che non riescono a farsi tirar su da alcuni altri decisamente belli, pur con un costante senso di déjà-vu sul groppone. Da un sodalizio come quello raccolto ogni volta da Tobias Sammet, e da Tobi stesso, è lecito e spontaneo aspettarsi molto, molto di più. Ciò non toglie che li amo alla follia e che sarò all’Alcatraz a Marzo, questo è poco ma sicuro, ma per la prima volta nella mia vita mi tocca bocciarli. E bocciare gli amici più cari è una delle cose più dolorose che ci siano.

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

Ultime opinioni dei lettori

Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 08 mar 2016 alle 21:46

sto seguendo i video dalle varie date del tour... noto un Sammet abbastanza sotto sforzo e impreciso: attacchi spesso sbagliati, spesso in difficoltà nei registri alti e in generale piuttosto spompato. anche Kiske mi sembra un filo appannato. non so se devono ancora rodare per bene le 3 ore di concerto oppure è qualche segno del tempo. di contro Lande sembra migliorare sempre più.. pazzesco! anche Atkins l'ho trovato meglio.

Inserito il 13 feb 2016 alle 12:12

disco ne carne ne pesce, sopravvalutato e osannato come capolavoro dal solito nutrito gruppo di sostenitori adulatori di sammet. Per me sopravvalutato davvero come pochi

Inserito il 11 feb 2016 alle 12:19

grossa nota negativa per la versione Deluxe con i pezzi live.. tracce equalizzate malissimo, suono impastato. niente a che vedere con il fantastico The flying opera

Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.