La vita riserva sempre delle sorprese, si sa… Quello che non sapevo, però, quando mi è stata affidata la recensione del nuovo album dei
Megadeth, è che ne avrei parlato in termini positivi. Inutile girarci intorno, la carriera di
MegaDave non sta andando certo a gonfie vele negli ultimi anni, non tanto per quanto riguarda i live, dove i nostri si difendono ancora alla grande, ma in particolare per le sbiadite prove in studio.
C’era poi l’incognita line up: che tipo di contributo avrebbero dato
Chris Adler e
Kiko Loureiro? Se il primo si limita in maniera alquanto incolore a svolgere il proprio compitino, supportando i brani con una prova quadrata ma senza picchi, di tutt’altra pasta dimostra di essere il carioca. Nessuno aveva ovviamente dubbi sulle sue doti chitarristiche, quello che bisognava verificare era quanto il suo stile riuscisse ad incastrarsi con quello del gruppo, e incredibilmente, ascoltando l’album, sembra che il brasileiro faccia parte dei
Megadeth da una vita, tanto è riuscito ad intrecciare le proprie trame chitarristiche con quelle di ‘
Rosso Malpelo’.
Non a caso ho iniziato la disamina di questo disco patendo dal lavoro delle chitarre, perché alla fine dei conti è proprio questo aspetto quello che fa la vera differenza, in quanto i brani sono tornati finalmente ad essere pieni zeppi di riff taglienti, di assoli spettacolari dall’indiscutibile gusto armonico, e di ottimi arrangiamenti che arricchiscono ogni song. Sia chiaro, non stiamo parlando di un disco epocale, questo no, ma non ho paura di affermare che “
Dystopia” riuscirà a risollevare le sorti di una band data ormai per spacciata da molti.
Quello che non capisco, però, è come possa accadere, nel 2016, di pubblicare un album con un suono così piatto, tanto che anche quel che di buono c’è viene pesantemente penalizzato dalla imbarazzante mancanza di potenza. Sembra assurdo, viste le tecnologie a cui hanno ora accesso le band, ma a quanto pare succede…
Tornando ai brani, fatta eccezione per la voce di
Mustaine, ormai un lontano ricordo di ciò che era, ci sono diversi spunti interessanti. Dell’incredibile lavoro svolto in fase chitarristica ho già accennato, quello che mi preme sottolineare, ora, è un forte ritorno al thrash, e in particolare a sonorità care alla band negli anni ’90. Sembra quasi che
Dave abbia voluto cancellare con un colpo di spugna quanto fatto nei decenni successivi e tornare di prepotenza al sound che più gli appartiene, in particolare quello del periodo “
Countdown to extintion”/“Youthanasia”, dei quali questo disco sembra essere il degno successore.
“Dystopia” è un album abbastanza vario, che alterna pezzi thrashosi (“
Fatal illusion”, “
Lying in state”) ad altri più cadenzati e melodici (“
The emperor”, “
Death from within”, “
Post american world”), e fanno capolino anche chitarra acustica e pianoforte, a dimostrazione che in fase compositiva i nostri non si sono dati limitazioni; probabilmente il pezzo più debole è proprio la titletrack, anche se ancora una volta a risollevare le sorti ci pensa una valanga di assoli. Insomma, promozione a pieni voti per
Mustaine, che quando vuole riesce ancora a stupirci.