Quattro ragazze di Stoccolma decisamente appariscenti, platinate, agghindate in luccicanti abiti di pelle, trucco e sguardi da trita-uomini, non si può negare che le Crucified Barbara abbiano curato il loro look in ogni dettaglio, cosa che in questa società dell'immagine e dell'apparenza spesso si rivela essenziale. Però le svedesi si propongono come band heavy rock/metal, quindi l'estetica diventa secondaria rispetto alla solidità musicale e diciamo allora che il quartetto grazie al presente esordio mostra di essere ancora un po'acerbo, ma non così fatuo come una prima occhiata superficiale lasciava immaginare.
Le graziose Crucified Barbara possiedono una grinta discreta e propongono un rock dall'impatto moderato ma non sdolcinato, melodico ma privo di romanticherie, un tiro diretto e lineare con chitarre ruvide e metalliche addolcite dalla parte vocale vicina al pop-punk Americano. Brani prevalentemente mid-tempo orecchiabili ed abbastanza energici, con qualche puntata più decisamente metal come la title-track o la svelta "Motorfucker", e qualche spolverata hard-street vedi "My heart is black", "I wet myself", "Bad hangover", mentre sono assenti ballad-songs di qualsiasi tipo.
Un ruolo essenziale lo ricopre Mia Coldheart, buona cantante sul genere Lita Ford o Meldrum ma anche pronta a ricamare rapidi assoli della lead, con il resto del gruppo impegnato in un lavoro ordinato e preciso.
Come tante altre volte siamo di fronte ad un'album che non presenta difetti evidenti o lacune clamorose, le canzoni sono semplici, gradevoli, non troppo spigolose neppure mollicce, diversi ritornelli si memorizzano al primo colpo, ed in questo caso specifico la band aggiunge perfino un'aspetto visivo più che appagante. Eppure l'atmosfera che ne fuoriesce è anonima, identica a quella di centinaia di prodotti simili, un componimento strutturalmente valido ma con pochi brividi, che non è corretto bocciare completamente pur se si ha la certezza quasi matematica che passerà senza lasciare ricordi. Mai come di questi tempi si chiarifica il concetto di aurea mediocrità.
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