Arriva, e la cosa non sorprende, dalla “musica dal labirinto” della
Minotauro Records, una delle proposte più convincenti dei tempi recenti in fatto di
doom psichedelico.
Si chiamano
Funeral Marmoori, si sono formati a Firenze nel 2008, nel 2012 hanno già pubblicato un
full-length su BloodRock Records ("
Vol. 1", che mi toccherà recuperare quanto prima …) e se cercate una creatura sonora capace di materializzare vivide visioni funeree, sinistre apparizioni e immagini di tenebrosi e fatali scenari gotici, affidatevi tranquillamente a questo “
The deer woman”, un lavoro pieno di citazioni eppure così ricco di spunti e di soluzioni per certi versi “personali” da riuscire a catturare istantaneamente l’attenzione, trascinando l’astante in un vortice oscuro e fascinoso, in grado di suscitare quel “delizioso brivido” d’inquietudine tipico delle opere di qualità superiore.
Ispirati da luminari autentici quali Paul Chain, Atomic Rooster, Balletto di Bronzo, Pentagram, Jacula, Saint Vitus, Metamorfosi e Goblin, i toscani esplorano i “labirintici” sentieri dell’angoscia dibattendosi tra il surreale e l’orrore del “quotidiano”, e lo fanno con una vocazione tale da annientare il rischio di un’esibizione “di maniera”, non inconsueto in questi lidi ultimamente piuttosto “frequentati”.
La “scuola” italiana del settore fornisce il classico “valore aggiunto” nell’apprendistato di un gruppo davvero abile nel trasfigurare ambientazioni piuttosto “familiari” in un’incessante produzione di stimoli sensoriali, edificati sulle emanazioni sulfuree delle chitarre e sulle spettrali e lisergiche spirali delle tastiere (veramente prezioso il loro contributo …), mentre una ritmica poderosa e avvolgente e una voce irrequieta ed evocativa completano il quadro espressivo di un albo che esige e si conquista un ascolto attento e partecipe dal primo all’ultimo solco.
I sette episodi del programma dovrebbero, infatti, essere tutti menzionati e sviscerati diffusamente per il livello di tensione emotiva che sanno trasmettere, ma mi limito a sottolineare le suggestive architetture soniche di “
Boletus satanas”, la rabbrividente liturgia di “
Last sip”, il gorgo di acido e cupa disperazione in cui è immersa “
Drunk in hell” e lo strisciante salmo
psych di “
Petronica”, in nutrita rappresentanza di un’essenza artistica tutt’altro che “scolastica” e didascalica.
Del resto, non solo moltissime le
band che possono permettersi un confronto con i seminali Death SS senza uscirne fatalmente sconfitti … ebbene, la versione di “
Profanation” dei
Funeral Marmoori conferma esattamente ogni parola d’elogio scritta su di loro fino a questo punto, superando le vette degli inevitabili paragoni attraverso una prova che combina adeguata devozione a una cospicua dose di temperamento.
“
The deer woman” e la sua singolare copertina attendono tutti quelli che cercano nei suoni dell’oscurità un approccio al tempo stesso maturo, viscerale e vitale, oltre che molto coinvolgente … grande disco.
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