Ingredienti - Musicisti esperti (50%): Nick Beggs (Steven Wilson, Lifesigns), Roger King (Steve Hackett), Marco Minnemann (Joe Satriani, The Aristocrats), agenti lievitanti (Adam Holzman, Nick D'Virgilio, Gary O'toole, Lula Beggs); Buona musica (50%): linee melodiche efficaci, produzione adeguata, performance di classe. Può contenere tracce di pop. Gli ingredienti sottolineati possono provocare reazioni in persone allergiche o intolleranti.Diventa sempre più difficile definire i confini delle band, soprattutto nuove, e delle collaborazioni: è ormai talmente facile produrre musica a distanza di migliaia di chilometri che quasi spaventa il numero di "supergruppi" nati negli ultimi mesi/anni attraverso un semplice tool come Skype. Tra questi accogliamo con piacere all'inizio di questo nuovo anno
The Mute Gods, trio fondato da
Nick Beggs (bassista di fama internazionale in circolazione ormai da lustri) con il supporto di
Roger King (tastierista e produttore, tra gli altri, di Steve Hackett) e l'ormai onnipresente
Marco Minnemann (batterista dalle indubbie capacità conosciuto da
Beggs sul palco di Steven Wilson). Potevano mancare gli ospiti? Ovviamente no, ed ecco che ai tre si aggiungono, per elencarne alcuni, i sopraccitati
Holzman, D'Virgilio, O'toole e, a sorpresa, la figlia dello stesso
Beggs,
Lula, che canta con il padre nella conclusiva e quasi commovente
"Father Daughter". Vi state chiedendo se c'è un concept dietro a
"Do Nothing Till You Hear From Me"? Certo che sì! Le undici tracce proposte affrontano il tema della disinformazione di cui siamo vittime ogni giorno per volontà delle grandi corporazioni governative o religiose. Mica male. Venendo alla musica quello che si può dire è che abbiamo tra le mani un BEL disco, molto distante dai territori metal, molto più vicino a tutte quelle galassie che gravitano intorno ai termini "prog" (in particolare sul fronte crimsonico) e, tenetevi forte, "pop". Dopo svariati ascolti l'impressione è che il disco sia stato fatto per il gusto di farlo e non "perchè andava fatto" e credo che al giorno d'oggi non ci sia niente di più apprezzabile. Tracce come l'introduttiva (e forse un po' prolissa) title-track,
"Praying To A Mute God",
"Nightschool For Idiots" o le wilsoniane
"Last Man On Earth" e
"Strange Relationship" sono BELLE canzoni che sicuramente non cambieranno la storia del rock ma che si lasciano apprezzare per la loro genuinità. I musicisti coinvolti ci mettono del loro, "liberi" una volta tanto di poter essere quello che sono (virtuoso
Minnemann, jazz-oriented
Holzman, raffinato
D'Virgilio, ecc.). Per me è "sì".
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