Indubbiamente non conoscere gli Holy Moses di Sabina Classen è peccato. Nati nel 1979 ad Aachen in Germania, gli Holy Moses furono tra i fondatori del thrash metal tedesco, pur non arrivando mai al successo dei tardivi Kreator e Destruction. Pressochè contemporanei dei Sodom, gli Holy Moses arrivarono al debutto nel 1986, con quel "Queen of Siam" che manteneva qualche radice heavy, ma che spiazzava per la brutalità sonora e per il cantato aggressivo della bella Sabina. Da allora di anni ne sono passati parecchi, di quegli Holy Moses è rimasta solo lei, ci sono state in mezzo reunion, scioglimenti, dischi fenomenali ("The New Machine of Lichtenstein" e "Finished with the Dogs"), lavori deludenti come quel "No Matter' What's the Cause" in cui suonò anche Dan Lilker (Nuclear Assault, Brutal Truth, SOD, Anthrax...) e tanti problemi, tra cui quelli gravi di salute della bella Sabina. Nel 2002 il ritorno vero e proprio, con un "Disorder of the Order" veramente buono, grazie al songwriting del solito Andy Classen. In questo nuovo album il posto di Andy è stato preso da Michael Hankel degli Erosion, ottima crossover band tedesca attiva dalla metà '80. Nonostante fosse ipotizzabile un cambio di rotta verso un sound tipicamente più hc, questo "Strength, Power, Will, Passion" non si sposta di molto dal sound degli Holy Moses post-reunion, anzi ne accentua la pesantezza di atmosfere, con cupi passaggi melodici e oscuri arrangiamenti. Nel complesso è un disco piacevole, registrato indubbiamente bene, che vanta buoni pezzi e una carica dirompente; la band tedesca non toglie il piede dall'acceleratore in nessuno dei dodici pezzi, mantenendosi in pratica attorno ai 200 bpm per tutti i sessantasei minuti del disco. Quello che manca a questo album è quella necessaria accoppiata di brani vincenti e riconoscibili; aggressivi, sinceri, sanguigni e sanguinolenti, certo, ma in fin dei conti sono un po' tutti uguali questi brani. Difficile rimanere colpiti da qualche song in particolare dopo l'ascolto. E ve lo dice uno che per gli Holy Moses ha sempre stravisto, considerandoli enormemente sottovalutati e assai più meritevoli di gran parte della discografia targata Sodom e Destruction. E' un disco piacevole, ma lascia l'amaro in bocca; non riesce ad arrivare ad essere un grande disco, pecca di ripetitività. Di sicuro gli aficionados della band un ascolto glielo devono dare, ma personalmente mi aspettavo molto, ma molto meglio. Peccato.