Sludge barbarico per i
Conan, pesi massimi giunti al quarto album della carriera. Pesanti come macigni, i loro brani sono un concentrato di forza bruta e primitiva. Riff densi, oleosi, distorti, coniugati con parti vocali evocative, la ricetta permane costante e senza compromessi.
Gli inglesi puntano tutto sulla corposità ipnotica dello sludge corrosivo, fin dalla bombastica “
Throne of fire” e proseguendo con lunghi e terremotanti percorsi che culminano nei riff pastosi e apocalittici di “
Thunderhoof” e “
Earthenguard”, in scia a Sleep ed High on Fire.
Però la ricerca di un sound monolitico ed asfissiante alla lunga mostra un po’ la corda ed affiorano segni di stanchezza. Chi apprezza solo la forza heavy troverà nei
Conan pane per i suoi denti, ma se volete maggiore varietà e dinamismo creativo potrebbero risultare indigesti.
Nell’insieme, una onesta performance.
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