Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2016
Durata:46 min.
Etichetta:Blaze Bayley Recordings

Tracklist

  1. INFINITE ENTANGLEMENT
  2. A THOUSAND YEARS
  3. HUMAN
  4. WHAT WILL COME
  5. STARS ARE BURNING
  6. SOLAR WIND
  7. THE DREAMS OF WILLIAM BLACK
  8. CALLING YOU HOME
  9. DARK ENERGY 256
  10. INDEPENDENCE
  11. A WORK OF ANGER

Line up

  • Blaze Bayley: vocals, narration

Voto medio utenti

Vocaboli come “dignità”, “tenacia”, “passione”, “attitudine”, perseveranza” sono cari ad ogni metallaro degno di tale qualifica, ma sull’abuso degli stessi è opportuno spendere una riflessione. Pensateci: quando inquadriamo un calciatore come “molto volenteroso, uno che sputa l’anima per la maglia” intendiamo gentilmente sottintendere che sotto il profilo tecnico non vale un soldo bucato; allo stesso modo, quando descriviamo una ragazza come “a suo modo interessante” o “dotata di una spiccata personalità”, beh… ci siamo capiti.

Pertanto, se nel tratteggiare le caratteristiche principali di un artista indugiamo con eccessiva insistenza sulla sua costanza, grinta e resilienza, il timore che talento, perizia e qualità della proposta musicale non abbondino è legittimo.
Ebbene, negli ultimi anni Blaze è purtroppo caduto nel tristo calderone degli artisti “solo” da rispettare. Di strapparsi le vesti per album come il modesto “Promise and Terror” (2010) o l'improponibile “The King of Metal” (2013), con tutta la stima, non se ne parla proprio.

Dirò di più: un disco brutto, brutto, brutto in modo assurdo come l’ultimo parto del singer britannico mi aveva fatto seriamente temere che la benzina fosse ormai terminata, e che il percorso artistico si fosse definitivamente interrotto.
Ho accolto quindi questo “Infinite Entanglement” con una forte dose di pessimismo; pessimismo corroborato da un titolo cacofonico e da un artwork di copertina -il cui soggetto ricorda in modo sinistro il Mentulatore dei Prophilax- che desta forte imbarazzo.
D’altro canto, chi ha seguito la carriera solista di Bayley Alexander Cooke sa che titoli e copertine non hanno mai costituito il piatto forte della casa…

Eppure per l’ennesima volta (e per fortuna!), i miei pronostici della vigilia sono stati sovvertiti da una prestazione che riporta il Nostro ai livelli che gli competono. Già, perché è bene ricordare ai disattenti che il buon Blaze, dopo esser stato accompagnato alla porta dai miei amati Maiden, ha saputo sfornare diversi album pregevoli a dir poco.
E proprio ai primi due vagiti discografici “Silicon Messiah” e “Tenth Dimension” (a proposito di titoli e copertine brutti…) guarda quest’ultima fatica, anch’essa portatrice di sano, robusto, fumante classic heavy britannico perfettamente bilanciato tra aggressione e melodia.

I progressi rispetto all’ultima, infausta release risultano evidentissimi:
- il songwriting è di nuovo affidabile, grazie anche all’apporto di Chris Appleton degli Absolva, band albionica che accompagnava Bayley live è che è stata “promossa” anche in sede di composizione e registrazione;
- la prestazione strumentale, se non trascendentale, appare senz’altro solida;
- lo stesso può dirsi della prova canora di Blaze, che fenomeno delle corde vocali non è mai stato, ma che in questa sede mette in mostra potenza e timbro da par suo, incappando qua e là in qualche svarione ma senza scivolare nelle stecche udibili in alcune recenti registrazioni;
- la produzione, dopo gli obbrobri sonori di “The King of Metal” (s’intuisce che non m’era piaciuto, vero?), si assesta su standard più che discreti: nitidezza, amalgama e “tiro” ci sono tutti, grazie anche all’equilibro adottato in fase di mixing.

Da cotanti fattori positivi emergono svariati brani convincenti: penso a “Solar Wind” e “A Thousand Years”, che ripropongono tutte le caratteristiche vincenti dei dischi sopra citati; a “Human”, che promette sfracelli dal vivo grazie al riffing serrato che si apre all’altezza di un chorus tanto elementare quanto perfetto per essere cantato a squarciagola dal pubblico pagante; all’acustica “What Will Come”, sorta di continuazione di “Russian Holiday” e pregna della vena più intimista e sofferta del cantante inglese.

Prima che l’entusiasmo ottenebri il mio discernimento segnalo che non tutte le ciambelle sono uscite col buco.
Tanto per rimanere sui singoli pezzi: la linea vocale che inaugura la title track è legnosa quanto il sottoscritto alle prese con la Lambada; “Stars Are Burning” si candida a peggior pezzo del lotto, con quell’incedere in mid tempo alla disperata ricerca di un groove che non arriverà mai e quel ritornello cantilenante; “Dark Energy” palesa sin dall’incipit chitarristico uno scimmiottamento dei Maiden malfatto e poco costruttivo.

Ad ulteriore conferma che ogni tanto il povero Bayley creda ancora di far parte della Vergine giungono poi i coretti “uoooo uoooo uooouooo” -spero di aver reso l’idea- disseminati lungo la tracklist. Troppi e un po’ paraculi per quel che mi riguarda.
Quale ultimo difettuccio indicherei la decisione d’imbastire l’ennesimo concept sci-fi/distopico/cospirazionista spalmato addirittura su tre (!) album e incentrato sulle implicazioni dello sfrenato progresso tecnologico e sul rapporto uomo/macchina. L’argomento sta diventando ormai una sorta di tormentone, senza peraltro che si riesca mai a raggiungere un calibro soddisfacente in termini di ricerca, profondità e impatto emotivo. Per farla breve: meglio "Blade Runner".

Tutto ciò concesso, mi sento comunque di gratificare “Infinite Entanglement” con un bel 7, votazione forse un pelo generosa ma data col cuore. I miei più sinceri complimenti ad un artista tornato ad elargire non solo caparbietà e coerenza, ma anche buona musica metal.
Premiatelo anche voi.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 22 mar 2016 alle 09:21

Grande Blaze, lo seguo dai suoi esordi, sono anche andato a vederlo dal vivo e non mi ha mai deluso... forse un pochino "Promise and Terror" e soprattutto "The Kings of Metal" (che aveva gli spunti secondo me ma non li sfruttava e si impantanava terribilmente nelle ultime tracce).

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