Ricordo ancora quando, incuriosito da una recensione letta su una rivista, mi avvicinai alla vetrina del negozio di dischi vicino al liceo che frequentavo per acquistare l'appena uscito
"The Fullness Of Time". Meno male che avevo i soldi in tasca! L'esercizio stava per chiudere definitivamente (come nel caso di tanti altri colleghi fatti fuori dal "mercato parallelo" della musica digitale nello stesso periodo) e, in anni in cui il commercio elettronico era ancora ai suoi albori (almeno in Italia), avrei perso l'occasione di ascoltare un bell'album di moderno (all'epoca) prog-metal, equilibrato, ben arrangiato e ben prodotto. Non nascondo che le uscite successive della band americana capitanata dai
Ray Alder ("santo subito!") e
Nick Van Dyk non mi hanno entusiasmato quanto il sopraccitato LP, fondamentalmente per una "irritante" coerenza della proposta che mal si sposava con il mio ideale di musica progressive "in continua evoluzione".
"The Art Of Loss", prima uscita per
Metal Blade dopo la dipartita da
InsideOut, è l'ennesimo album dei
Redemption: formalmente impeccabile, ineccepibilmente prodotto (è tornato
Tommy Hansen come ai tempi di
"Snowfall On Judgement Day"), sempre al limite del "troppo" ma con la capacità di sapersi fermare appena un centimetro prima. Qualcosa di più c'è, senza dubbio, come i testi sicuramente più profondi (merito/colpa del periodo passato dal mastermind
Van Dyk a lottare contro un tumore), l'apporto significativo di numerosi ospiti (su tutti il "nostro"
Simone Mularoni e
Marty Friedman) e la presenza di una cover degli Who (
"Love Reign O’er Me") in cui compare anche l'ex cantante degli Anthrax
John Bush. Tutto questo però, se da una parte è sintomatico della volontà di introdurre qualcosa di "nuovo e diverso", fortifica la teoria secondo cui, per farlo, la band ha bisogno di "elementi esterni". Le capacità compositive di
Van Dyk non si discutono (la title-track, la più intima
"The Center Of Fire", la variegata
"Hope Dies Last" o il
tour-de-force finale di
"At Day's End", con i suoi 23 minuti, sono esempi inequivocabili) ma continuo a sperare, un giorno, di poter essere nuovamente "sorpreso" da un disco marchiato
Redemption.
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