Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:26 min.
Etichetta:Relapse Records
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. ENEMIES OF REASON
  2. KäNSLAN (POST PATCH ANXIETY)
  3. PILLARS OF FILTH
  4. CHOICE OF A LOST GENERATION
  5. FROM GRADUATION TO DEVASTATION
  6. DEDICATION
  7. VIOLENT HOURS (FOR A VEILED AWAKENING)
  8. THE 02666 HERITAGE
  9. THE GREAT DESTROYER
  10. DOWN AND OUT
  11. IN THE NAME OF SUFFERING
  12. LOST ON A STRAIGHT PATH
  13. FORSAKEN
  14. COLLAPSE
  15. THE LACK OF HUMANITY
  16. SVART HåL
  17. I DON'T NEED YOU / DEAD AND GONE

Line up

  • Emil Englund: vocals
  • Rikard Olsson: guitars
  • Fredrik Nygren: bass
  • William Blackmon: drums

Voto medio utenti

I Gadget sono una band svedese di ferale grindcore che, sin dal titolo, “The Great Destroyer”, mettono subito in chiaro il loro intento, ovvero la totale annichilazione dei nostri padiglioni auricolari.
A 10 anni dal precedente disco tornano con 26 minuti, 17 schegge, un mattone posato sull’acceleratore, e via verso una discesa nella follia.
I punti di riferimenti sono i mai troppo compianti connazionali Nasum, anche se la band non disdegna alcune soluzioni più variegate, è il caso degli stop’n’go della title track o la verve decisamente iperamplificata e rock di “Down And Out”, oppure ancora l’episodio decisamente groovy di “In The Name Of Suffering”, che fa sponda con chiare influenze death metal. Non mancano ovviamente anche influenze crust/punk.
La pausa di metà disco è solo finalizzata ad avviarsi al finale da cardiopalma dove il grindcore torna ad essere protagonista, con una nota di merito al batterista, un assatanato folle bastardo che usa il drumkit come fosse una mitragliatrice calibro pesante per sterminare qualsiasi cosa gli si pari di fronte.
La conclusiva “I Don’t Need You/Dead And Gone” dura 5 minuti e mezzo, parte con una tirata grind al fulmicotone per poi rallentare verso territori sludge fino ad estinguersi.
Decisamente buono questo ritorno dei Gadget, band capace ed onesta, pane duro per i denti degli affezionati del grindcore intelligente.

Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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