Ho fatto parecchia fatica a riconoscere negli
Ivory di “
A moment, a place and a reason” il promettente gruppo di
power/prog (seppur abbastanza “contaminato”) che avevo apprezzato ai tempi del precedente “
Time for revenge”, mentre sono felice di costatare che quella “
completezza assoluta delle loro possibilità espressive” a mio modo di vedere non raggiunta in quel debutto (cfr. la relativa
recensione) sia oggi molto prossima alla sua piena concretizzazione.
Il fatto che per ottenere questi risultati i torinesi abbiano puntato il loro “timone stilistico” verso lidi squisitamente
hard-rock rappresenta un altro motivo di soddisfazione, sia per una particolare affezione che riservo al genere e sia perché ritengo, alla luce di quanto ascoltato, che questa formula artistica enfatizzi in maniera davvero convincente le capacità tecnico-creative di una
band attrezzatissima per affrontare la spietata tenzone internazionale del settore.
Grazie ad alcune oculate modifiche di
line-up, gli
Ivory diventano un importante esponente di quell’immarcescibile tipo di musica che nasce con Deep Purple e Led Zeppelin, passa per Mr. Big e approda a The Winery Dogs e Black Country Communion, il tutto senza soffrire eccessivamente di manifesti “complessi d’inferiorità” al cospetto di cotanti monumenti.
L’ugola vibrante e pastosa (impreziosita da intriganti sfumature
Gillan / Hughes-iane) della
new-entry Roberto Bruccoleri (ex Projecto) e una prova sontuosa del chitarrista
Salvo Vecchio s’inseriscono in un assetto compositivo variegato, raffinato e intenso, mai artificioso o troppo devoto, nemmeno quando, come accade in “
Bad news” (con il suo tipico intreccio chitarra-tastiere), il tributo pagato nei confronti di certi maestri inglesi è piuttosto “profondo”.
“
The hawk” esplora con gusto coriacee sonorità
adulte, “
Feeling alive” aggiunge alla succulenta pietanza una gradevole
verve vagamente
funkeggiante e “
Who am I” cambia di nuovo direzione, orientandosi verso scintillanti cromature metalliche.
Il vaporoso
blues elettroacustico di “
Take a ride” mostra un’altra intrigante sfaccettatura della personalità dei
rockers sabaudi, resa ancora più ricca dal suggestivo intermezzo strumentale “
A drink at the village”, dalla possente “
Inner breath” (un gioiellino, nientemeno …), dalla radiosa
simil-ballad “
Through Gloria’s eye” e da “
Blues for fools”, scalciante e
rollistica chiusura di un albo di eccellente fattura.
All’appello, in realtà, manca il
remake di “
Come together” dei Beatles il quale, seppur senza “strabiliare” l’astante, anche in un frangente così “rischioso” conferma la spiccata personalità di una formazione dalle considerevoli qualità.
In una scena pressoché satura di
classic-rock, si può essere ancora credibili e vitali? Io penso di sì e gli
Ivory avvalorano con forza tale convinzione … disco parecchio ispirato che reclama tutta la vostra attenzione.
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