Copertina 8

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2016
Durata:44 min.
Etichetta:RSK

Tracklist

  1. BORN IN THE FIRE
  2. SOMEONE SHALL RISE
  3. MONSTERS
  4. 1000 STARS
  5. WHEN THE WORLD IS FULL
  6. TROPHY
  7. HEAVY HEART

Line up

  • Joe Payne: vocals, electric wind instrument
  • Robert John Godfrey: piano, keyboards
  • Jason Ducker: guitar
  • Max Read: vocoder, keyboards, guitar
  • Zachary Bullock: keyboards, guitar
  • Nic Willes: bass, orchestral percussion
  • Dave Story: drums, orchestral percussion

Voto medio utenti

Conoscevo Robert John Godfrey per il suo contributo come arrangiatore ai primi due dischi della band Barclay James Harvest, formazione inglese "minore" di prog rock sinfonico e romantico dichiaratamente ispirata ai Moody Blues di fine anni Sessanta (quelli di "Nights In White Satin", in italiano "Ho Difeso Il Mio Amore"). Chiusa la parentesi con i BJH (che consegna alla storia una canzone meravigliosa e commovente come "Mockingbird", giusto per darvi una dritta), Godfrey, che comunque collabora regolarmente con la Charisma Records, si mette "in proprio" e da' vita al progetto The Enid che, tra alti e bassi e con organici sempre diversi, produrrà fino a oggi una discografia non sterminata ma dall'indubbio valore artistico (anticipando, tra l'altro, la moderna prassi del crowdfunding). Il qui presente "Dust" è l'ultima parte di una trilogia iniziata nel 2010 con "Journey's End" e proseguita nel 2012 con "Invicta", un concept molto variegato che, come affermato dallo stesso compositore britannico, si conclude con la narrazione del viaggio generazionale della band dal passato verso il futuro. Giusto perché agli inglesi di solito piacciono le cose facili (ringraziamo il cantante Joe Payne per questo), le sette tracce che compongono il full-length sono in realtà tre coppie di brani con temi tra loro opposti (profano/sacro, ricchezza/povertà, ambiente/consumismo) più una traccia dedicata all'amore, che idealmente dovrebbe trionfare su tutto. Non voglio entrare nel merito dei temi sopraccitati, quello che posso dire è che musicalmente il lavoro è qualitativamente ammirevole. I 44 minuti dell'album scorrono piacevolmente tra reminescenze seventies e sonorità più moderne, con la magica voce di Payne (qualcuno l'ha paragonato a Freddie Mercury, mi sembra eccessivo ma lo segnalo per dovere di cronaca) a fare da collante. In alcuni momenti si toccano vette davvero encomiabili (è il caso di "When The World Is Full"), in altri ci si limita a una classe degna dei pesi massimi del rock sinfonico (ad esempio nell'introduttiva "Born In The Fire" o in "Someone Shall Rise"). Un bel disco di progressive non nostalgico, lontanissimo dai canoni del metal ma non per questo meno affascinante.
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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