Come già era accaduto in occasione di "Train of Thought", mi sono preso il tempo necessario per valutare in maniera adeguata la nuova fatica dei Dream Theater, un periodo di tempo che mi ha permesso di stemperare eventuali entusiasmi iniziali e di giudicare la nuova opera dei musicisti new-yorkesi in modo più approfondito. Questo perchè, sin dai primi ascolti, "Octavarium" ha destato un'impressione decisamente positiva, e col passare dei giorni anche gli ultimi dubbi residui sono stati fugati. Gli ultimi due studio album della band avevano evidenziato una sterzata verso sonorità più aggressive, deludendo numerosi fan, e personalmente speravo che il gruppo potesse esplorare nuovi percorsi musicali, per evitare di scadere nella ripetitività. Purtroppo l'inizio di "Octavarium" sembra deludere queste aspettative, perchè l'ottima "Root of All Evil" è un brano tagliente ed incalzante, che pur essendo caratterizzato da una notevole melodicità ha un buon impatto sull'ascoltatore, così come accadeva per molte delle canzoni di "Train of Thought". Nelle fasi iniziali il brano ricorda molto "As I Am", per poi trasformarsi in una citazione di "This Dying Soul", sia nella ripresa di alcune linee vocali, sia nei classici assoli di Petrucci e Rudess. "The Answer Lies Within" è invece una delle peggiori canzoni mai composte dai Dream Theater: una ballad scontata, priva di mordente, con un testo insignificante nella sua banalità. Meglio passare oltre, perchè la successiva "These Walls" è tra le migliori composizioni che i Dream Theater ci abbiano regalato negli ultimi anni: intimista e delicata nei versi, scanditi da un ritmo irresistibile, intensa ed efficace nel bel chorus, con un Petrucci bravo nel ritagliarsi lo spazio appropriato, senza risultare invadente. "I Walk Beside You" è forse la canzone che più mi ha disorientato durante i primi ascolti: gli U2 sono da sempre una delle influenze più importanti nel sound dei Dream Theater, ma questo brano li ricorda a tal punto che, se invece della voce di LaBrie ci fosse quella di Bono, probabilmente nessuno se ne accorgerebbe. Il risultato è comunque incredibilmente buono, forse un po' troppo derivativo, ma assolutamente piacevole, grazie anche all'enorme classe di James LaBrie. Con "Octavarium" il singer canadese sembra aver trovato una sua nuova dimensione, che sacrifica le impegnative linee vocali del passato in virtù di passaggi più eleganti e melodici, sfoderando una prestazione davvero convincente. "Panic Attack" mi ha invece ricordato le parti più aggressive di "Scenes From a Memory": ritmiche aggressive, drumming vigoroso ed una grande teatralità, con alcuni arrangiamenti e diverse parti di pianoforte di Rudess a citare apertamente il fortunato seguito di Metropolis. Anche "Never Enough" mi ha stupito non poco: questo brano ricorda molto lo stile dei Muse, sia per l'utilizzo di sonorità decisamente moderne, sia per alcuni effetti sulla voce di LaBrie. Decisamente più riuscita la particolarissima "Sacrificed Sons", una lunga composizione ispirata alle recenti stragi di matrice terroristica. L'inizio è molto lento e rilassato, con una toccante descrizione della desolazione dell'11 Settembre, resa efficacemente dall'ottima interpretazione di LaBrie. Ma è nella sezione strumentale che il brano decolla davvero, con i classici intrecci chitarra-tastiera, da sempre sono uno dei marchi di fabbrica della band. Anche in questo caso le parti di Rudess rievocano le sonorità della seconda parte di "Metropolis", ed il talentuoso pianista statunitense sale davvero in cattedra nella conclusione del pezzo, uno dei momenti migliori dell'intero platter. Ma è con la title-track che "Octavarium" tocca il suo culmine: una lunga suite di oltre venti minuti, ricca di citazioni (musicali e non) delle influenze più importanti nel sound della band, una canzone talmente elegante da non temere impegnativi paragoni con "A Change of Season". E' forse questo il problema principale di "Octavarium": un disco estremamente bello, scritto e suonato con grande competenza e incredibile classe, in grado di far felice buona parte dei fan dei Dream Theater, ma che non riesce ad impressionare quanto un "Images and Words", nè quanto un "Scenes From a Memory".
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?