Conosco i
Withem (di fama non di persona) dai tempi di
"The Point Of You", esordio del 2013 ben accolto da pubblico e critica prodotto da
Sensory Records che era velocemente uscito dal mio lettore mp3 perché, alle mie orecchie, un po' troppo derivativo. Il nuovo contratto con
Frontiers aveva fatto ben sperare ma temo che questo
"The Unforgiving Road", almeno per quanto mi riguarda, farà la stessa fine...
I norvegesi sono dediti a un power/prog metal di ispirazione tanto americana (Dream Theater in primis) quanto europea (Pagan's Mind, Seventh Wonder) che soffre un po' il confronto con le realtà sopraccitate per vari motivi. Innanzitutto, come qualcuno prima di me ha già notato, la copertina non brilla certo per originalità, con i suoi richiami nemmeno troppo velati ai Rush di
"Snakes & Arrows Live" o agli Spock's Beard di
"Snow" (e sicuramente ce ne sarebbero altri che al momento non mi sovvengono). Ma facciamo finta di niente ed entriamo nel merito della musica. L'intro (sorprendentemente intitolato
"Intro") è uno stratificarsi ben riuscito di tastiere spacey, elettronica e voce (a mio avviso l'anello debole dell'intero progetto) che prelude a
"Exit", di cui la band aveva già reso noto il video. Il brano è diretto, con riferimenti pianistici che ricordano il primo
Giordano Rudezza, e unisoni chitarra/tastiera non particolarmente originali. La successiva
"In The Hands Of A God" dosa gli stessi ingredienti ma aggiunge qualche curioso (e poco efficace) arzigogolo ritmico sulle parti cantate.
"The Pain I Collected" spicca per le orchestrazioni più pronunciate (guidate da clavicembalo e archi) e il ritornello di chiara matrice power metal.
"Riven" inizia come il tipico brano d'amore Disney per poi diventare un tributo (il primo) alle sonorità degli Eighties, mentre
"C'Est La Vie" unisce all'incedere terzinato certe atmosfere cinematografiche.
"The Eye In The Sky" è un brano simil-pop ottantiano "travestito" da traccia power/prog, (discorso valido anche per
"In My Will") che anticipa
"Arrhythmia", uno degli episodi meglio riusciti per il buon equilibrio che si viene a creare tra gli arrangiamenti elettronici e il ritornello sempre debitore al power metal.
"Unaffected Love" potrebbe essere un gran brano grazie all'utilizzo intelligente dell'Hammond e dei sintetizzatori ma lo sviluppo vagamente caotico sia a livello strutturale che armonico/melodico ne mina il valore. Chiude il cerchio
"Outro" che riprende banalmente l'introduzione.
La prova è sufficiente ma non convince appieno: qualche discutibile scelta di produzione (ad esempio un bassista, appena entrato in formazione, invadente per volume e ricchezza delle parti), dei guest poco incisivi e un cantante, come già anticipato, non sempre all'altezza (che vorrebbe imitare un po' tutti i pesi massimi del genere, da
Khan a
Karevik) abbassano ulteriormente una valutazione che altrimenti sarebbe stata discreta.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?