Quarto album in otto anni per gli svedesi
In Mourning e quarta etichetta di fila cambiata, passando stavolta dalla più blasonata
Spinefarm alla piccola ma validissima
Agonia Records, etichetta polacca che difficilmente mette sotto contratto band che hanno poco da dire.
E, con tutto il rispetto (poco) che ho per il 90% del panorama metal attuale, una formazione come quella degli In Mourning è NETTAMENTE al di sopra di quasi la totalità dei loro colleghi per maturità, qualità, abilità e serietà non solo del loro songwriting, ma anche a causa di un approccio alla Musica con la M maiuscola che tiene sempre conto in primis che qui si tratta di arte e non di intrattenimento pop che dura un mese d'estate, cosa che peraltro fino a qualche anno fa, trattandosi di HEAVY METAL, non doveva nemmeno essere sottolineato...
Invece ahimè i tempi odierni ci portano sempre più buffonate e baracconate, con l'avallo di una stampa complice ed un'audience sempre più ignorante ed uniformata a quella della TV, e quindi ci sta che una band come quella degli In Mourning passi totalmente inosservata nonostante il valore sempre eccelso di ogni sua uscita: non ne fa eccezione il nuovo "
Afterglow", ottimo esempio di death metal progressivo, perfettamente equilibrato e bilanciato in ogni sua parte, prodiga di rabbia, di melodia, di personalità.
Sempre perfettamente rappresentati dal perfetto growl del chitarrista
Tobias Netzell, in "Afterglow" fa il proprio ingresso
Daniel Liljekvist ex drummer dei
Katatonia che tuttavia non rappresenta alcun quid nella loro proposta, semplicemente per il fatto che quest'ultima è già su altissimi livelli da sola: non c'è un brano sottotono, pezzi come "
Ashen Crown" valgono da soli il prezzo del biglietto ma anche l'opener "
Fire and Ocean" o la conclusiva titletrack riescono fin dal primo ascolto a colpire per intensità ed emozionalità, tuttavia senza essere banali e catchy a tutti i costi: ritmiche personali e carismatiche, assoli evocativi e malinconici, growl profondissimo, ascoltate il finale epico di "
Below Rise to the Above" per immergervi immediatamente nella proposta degli In Mourning.
Un disco probabilmente meno diretto del suo predecessore "
The Weight of Oceans", uscito ormai quattro anni fa, ma che cresce rapidamente con gli ascolti e che si lascia apprezzare al meglio, com'è giusto che sia, in un ascolto solitario, concentrato, crepuscolare.
Tutto perfetto quindi? No, c'è una cosa che davvero non va.
"
Abbiamo voluto dare a questo disco un sound diverso dai vecchi album, un po' più di effetto dal vivo, a differenza del passato in cui correggevamo molto in studio".
Ho capito, cribbio, ma nel 2016 non ci si può presentare con un suono che pare che si siano sfondate le casse del proprio stereo, completamente inscatolato, attappato. Passando da un qualsiasi CD a questo pare che il finale dell'ampli si sia bruciato...e la sensazione non è affatto positiva, altro che effetto live.
Poi dopo un brano uno si abitua e tutto procede bene...fino alla fine perlomeno, quando si mette su un altro album e pare che ci si siano stappate le orecchie, ma questo difetto era a dir poco evitabile.
Non fosse che di band con un approccio serio al metal oggigiorno ce n'è un bestiale bisogno, questo costerebbe minimo un punto al totale del voto. Ma gli
In Mourning sono troppo superiori a tutto il carrozzone ridicolo a cui ci vogliono assuefare, chissà che un 8 ed un top album possano contribuire a far passare almeno UN lettore alla nostra sponda.
Di questi tempi già sarebbe un miracolo.