Gli
Evergrey calcano ormai le scene da moltissimo tempo. Tra risultati pregevoli (penso a
"In Search Of Truth") e altri più discutibili (direi
"Monday Morning Apocalypse") il combo svedese è ora giunto all'importante traguardo del ventesimo anniversario di attività. E quale miglior modo di festeggiare se non con questo
"The Storm Within"?
Il buon
"Hymns For The Broken" aveva fatto ben sperare per il rinnovato slancio compositivo di
Englund e soci ma questo nuovo full-length non ha davvero nulla da invidiare al suo predecessore. Anzi. Ci troviamo al cospetto di un semi-concept, i cui testi sono legati tra loro dal "tema dell'avere qualcuno, perderlo e dover comunque andare avanti, [...] [il tutto ambientato] in un mondo interstellare".
Il pianoforte enigmatico che apre
"Distance" è la quiete prima della tempesta, qui rappresentata da un killer-riff su cui si erge la voce maschia e penetrante del leader scandinavo. Ritornelli vincenti e assoli gustosi sfumano in un coro di bambini da pelle d'oca.
"Passing Through" è un manuale di modern-metal, dove spicca la componente elettronica del sound. Le melodie affilate e disperate della massiccia
"Someday" anticipano un altro brano da headbanging forsennato,
"Astray", non originalissimo ma irresistibile, con un sviluppo armonico e melodico tutt'altro che scontato.
"The Impossible" è la prima canzone "rilassata" (ci voleva) dell'album, tre minuti sostanzialmente piano/voce che preludono a
"My Allied Ocean", terzinato di chiara ispirazione heavy incisivo ma complessivamente ordinario.
"In Orbit" è il primo brano a vedere la partecipazione di
Floor Jansen (attualmente in forza ai Nightwish ma con un curriculum invidiabile) e l'arrangiamento più progressivo non toglie spazio alle melodie ricercate della band.
"The Lonely Monarch" rimanda agli Eighties ma suona comunque attualissima, mentre la romantica
"The Paradox Of The Flame" (con la moglie di
Englund dietro al microfono a duettare col marito) profuma di teatro e di musical e si distingue per la presenza del violino.
"Disconnect" (ancora con
Floor) è un altro brano estremamente elaborato dove in pochi minuti abbiamo a che fare con violentissimi riff dagli accenni djent, aperture melodiche da brivido, un soprano di memoria morriconiana e un intermezzo "pure-prog" vagamente
rétro. La chiusura è affidata alla title-track, una traccia epica dal piglio sinfonico la cui tessitura, pregna di synth e di timbriche
spacey, rimanda a un futuro distopico lontano, ma neanche troppo.
Gli
Evergrey ci hanno regalato l'ennesimo lavoro convincente, scorrevole, equilibrato e soprattutto appassionato, e farà felici tutti i fan della band. Se non conoscete questa formazione, fidatevi, è la volta buona per approfondire...