“I fasti di
“Agent orange” non torneranno mai più, lo sappiamo bene, ma a noi basta che il livello sia quello espresso sia in
“War and pieces” che in questo
“Epitome of torture”. Finché la band si manterrà su questi standard la parola fine sarà ancora lontana, ma soprattutto anche con un album di routine come questo, come potrebbe apparire alle orecchie dei più sprovveduti, i nostri riescono ancora e comunque a restare ad alti livelli e a spazzare via l’effimera concorrenza delle nuove leve.”
Con queste parole ho terminato, tre anni fa, la recensione di
“Epitome of torture” dei
Sodom, e con queste stesse parole voglio iniziare quella di
"Decision day”, perché, come avrete già capito,
Onkel Tom e soci di appendere gli strumenti al chiodo non ci pensano proprio, anzi, sono tornati, se possibile, più agguerriti che mai. Se
“War and pieces” era un ottimo episodio sperimentale, passatemi il termine, e
“Epitome of torture” aveva segnato, timidamente, le intenzioni di tornare al passato, questo nuovo album si spinge ancora oltre e rinverdisce i vecchi fasti, riportando la band lungo i binari a lei più consoni, e cioè quelli del vecchio e grezzo thrash metal made in Germany.
Qua e là continuano ad apparire piccole partiture più raffinate, se è possibile utilizzare questo termine per i
Sodom, ma è la sostanza che è cambiata decisamente.
Onkel Tom è tornato a ruggire come una volta, anzi, quasi quasi è anche più incazzato di prima, i riff sono rocciosi e badano al sodo, senza lasciarsi andare ad abbellimenti fini a se stessi, il drumming è possente e preciso. Insomma, gli elementi per un ottimo disco di thrash metal vecchio stile ci sono tutti. L’opener
“In retribution” mette subito le cose in chiaro, un pezzo in your face che apre alla grande l’album, seguito a ruota dalla micidiale
“Rolling thunder”, dalla titletrack e da
“Caligula”, uno degli episodi più violenti dell’intero lotto.
L’alternanza tra momenti più veloci e mid tempo è sapientemente dosata per tutto il corso dell’album, e questo fa già capire che non ci troviamo davanti ad un disco fatto giusto per, ma invece davanti ad un lavoro ben composto e ben congegnato. Niente è lasciato al caso, non c’è il fatidico calo nella parte finale della setlist (basti ascoltare, nella seconda metà dell’opera,
“Vaginal born evil”,
“Sacred warpath”,
“Belligerance” o
“Refused to die”), cosa che spesso accade, e nulla si può eccepire all’esecuzione dei nostri tre moschettieri. La cosa che m’ha colpito di più è stata proprio la voce di
Onkel Tom, che ovviamente non ha cambiato di una virgola il proprio stile, anzi, i più attenti riconosceranno, in alcune parti, il vecchio timbro del singer, più precisamente il suo vecchissimo timbro, proprio quello dei primordiali primi lavori, marcissimo e malatissimo.
Dopo il ritorno in pompa magna dei Destruction con
“Under attack”, qualche mese fa, ero decisamente curioso di vedere cosa avrebbero combinato i ‘cugini’, e come avrebbero risposto. Beh, sentirli tuonare di nuovo tutta la loro rabbia fa decisamente piacere e ci da un segno tangibile della buona salute di cui gode ancora il thrash metal nella terra dei crucchi. Riusciranno anche i Kreator a stare dietro alle due furie tedesche? Vedremo, per ora non posso che godere di un altro album che, insieme a quello di
Schmier e soci, è già candidato nella mia personale top ten di fine anno…