A leggere la biografia dei tedeschi
Aeternitas sembra di essere al cospetto di una delle migliori band metal partorite dalla Germania negli ultimi vent’anni (con tanto di altisonante riconoscimento dal nome “Best Musical Album” al German Rock and Pop Prize del 2008 per il precedente
“Rappacinis Tochter”).
Incuriosito, mi sono avvicinato a questo
“House Of Usher” (concept basato su un racconto breve di
Edgar Allan Poe) con quel pizzico di ottimismo che solitamente si addice a certe premesse.
Non riesco a nascondere le difficoltà nel recensire certi dischi di recente pubblicazione. Sembra che per alcuni artisti (?) il tempo si sia fermato a quindici/venti anni fa. Sarà colpa mia? Può essere, ma il qui presente full-length ha parecchi limiti oggettivi (penso alla produzione scadente, alla performance dei musicisti tutt’altro che maiuscola e così via) che vanno ben oltre le mere questioni di gusto.
Musicalmente siamo nella “comfort zone” del gothic/power più tradizionale di band del calibro di Evanescence, Within Temptation o Nightwish, intrigante (esclusivamente?) per la doppia vocalità di
Alma Mathar e
Oliver Bandmann che, senza essere dei fenomeni, riescono comunque a lasciarsi il giusto spazio l’un l’altro (buoni esempi in questo senso sono la titletrack o
“Fear”). Per il resto, tante ovvietà, a cominciare dall’intro pseudo-sinfonico
“Le Coeur”, passando per i “singoli mancati”
“The Prophecy” e
“Open Your Eyes” (ricordate
“Nemo”?), le cavalcate tipicamente power (
“Roderick”, “Falling Star”, dal commovente testo
“now look at the sky/I wish that I could fly”), i lenti triti e ritriti (
“Madeline” ha qualcosa di
“Let It Go” di Frozen) e l’elettronica che non può mai mancare (
“Buried Alive”, che sembra presa da
“The Unforgiving” dei Within Temptation, o
“The Fall”). Il colpo di scena si chiama
“Tears”, traccia in tempo ternario molto sfaccettata che, nel suo essere barocca, sembra funzionare benone.
La domanda finale che mi faccio è sempre la stessa: ce n’era davvero bisogno?
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