I
+1476+ sono un duo proveniente dal New England composto da
Robb Kavjian e
Neil DeRosa, di cui
Prophecy Productions ha deciso di ripubblicare l'intero catalogo prima di immettere sul mercato il nuovo disco della band atteso nei prossimi mesi. Quale migliore occasione, dunque, per recuperare quel gioiellino (in)dimenticato di
"Wildwood" uscito nel 2012?
La proposta musicale della formazione americana è molto sfaccettata e parte dalla dark wave più gotica, decadente e, a onor del vero, europea (penso a
David Sylvian) per arrivare al post-punk di Joy Division/New Order e simili, passando per il folk, i ritmi tribali, l'ambient e, a tratti, anche il metal.
"Wildwood", nello specifico, è un concept sulla contraddizione umana, sulle sue pulsioni e i tratti angelici e animaleschi che contemporaneamente lo caratterizzano.
Con premesse di questo tipo ci si aspetterebbe un ascolto ostico o quantomeno molto impegnativo, ma la forza dei
+1476+ sta proprio in questo "magico" equilibrio che gli permette di creare un sound inaspettatamente affascinante e magnetico.
Già dall'iniziale
"Black Cross/Death Rune" vengono messi in campo praticamente tutti gli elementi sopraccitati, mentre in
"Watchers" si fa strada anche una componente noise che nella sua eleganza rimanda ai primissimi vagiti del grunge. I recitati ansiogeni di
Alexandria Noel fanno da contraltare alle atmosfere bucoliche in
"The Dagger", così come la meditativa
"Banners In Bohemia" strizza l'occhio alla musica new-age con le sue timbriche spacey. Le melodie ficcanti di
"Good Morning, Blackbird" preludono a
"Horse Dysphoria", traccia elaborata dove abbiamo a che fare con momenti acustici, altri elettronici, cavalcate heavy e, nuovamente, voci narranti.
"Stave-Fire" fa convivere pacificamente straight rock e cambi di passo in sette, mentre
"Bohemian Spires" fonde ritmi tribali e synth dall'impronta Eighties.
"An Atrophy Trophy" brilla per gli inserti vocali urlati e disperati, prima di
"Shoreless", terzinato dalla forte componente folk e danzereccia dove trova comunque spazio una sfuriata dal sapore black. In chiusura è lasciata
"The Golden Alchemy", lungo brano dal piglio heavy-prog il cui inciso recitato dal sapore cinematografico disegna un finale (un po' prolisso) dai toni epici e apocalittici.
Vi consiglio senza il minimo dubbio l'ascolto di questo
"Wildwood". Nonostante la produzione non sia proprio "top-class" le composizioni sono davvero notevoli.
Uomo avvisato...
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