Copertina 6,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2005
Durata:62 min.
Etichetta:Mausoleum Records
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. IMMORTAL
  2. FROZEN FIRE - BURNING ICE
  3. STONE COLD
  4. THE MIRROR
  5. QUEEN OF THE FUTURE
  6. HIGHLAND GLORY
  7. TOUCH OF EVIL
  8. DRIFTING AWAY
  9. EASY RIDER
  10. ALWAYS AND FOREVER
  11. LIQUID SHADOWS
  12. AD TEMPUS VITAE

Line up

  • Shorty: vocals, guitars
  • Spin: bass
  • Dave Powell: keyboards
  • Vanne: drums

Voto medio utenti

Uno dei primi nomi a firmare per la connazionale e storica etichetta belga, i Killer ritornano con il presente "Immortal" sempre fedeli per la Mausoleum Records, label fondata dal fu manager della band stessa. Nel segno della coerenza la band si ripresenta con un sound sempre fedele all'heavy metal più puro e incontaminato, impreziosito da notevoli virtuosismi da parte del chitarrista e cantante Shorty (Paul Van Camp) e alternato tra veloci up tempo e anthemici mid tempo, secondo i più classici canoni della tradizione. "Immortal" rappresenta il sesto album in 25 anni di carriera per una band che non è mai riuscita, fin dai primissimi anni '80, a guadagnarsi il proprio spazio a causa di una proposta, per quanto valida, mai eccessivamente caratteristica e in grado di valorizzare il nome Killer. Sulla stessa scia si presenta questo nuovo lavoro, il quale prova in qualche maniera a proporre qualcosa di più vicino ai tempi odierni dell'heavy metal, senza scendere a compromessi col power, ma risultando particolarmente interessanti per l'uso protagonista della chitarra di Shorty, a volte molto piacevole, altre gratuito sfoggio di virtuosismi freddi, scontati ed inefficaci. Un tentativo di mostrare il proprio valore a tutti i costi ma non riuscendo a ben distinguere il giusto limite tra quello che ci può stare e quello che sarebbe meglio lasciare ai testi didattici per novelli virtuosi della sei corde. Abbandonate certe poco gradite stravaganze dal sapore (stanco) neoclassico, i Killer confezionano brani di tutto rispetto, dalla title track, alla classica "Easy Rider", dove la vena più rock della band esplode in tutta la sua grazia. Un disco in parte altalenante, tra brani più classici davvero notevoli e (a mio avviso) forzati tentativi di risultare appetibili anche ad una frangia di pubblico meno appassionata del sound retrò a cui una band del genere può essere accostata. Ultimo appunto alla decisamente buona produzione dell'intero album, il quale merita in ogni caso un attento ascolto, cercando di cogliere il lato più spontaneo e genuino di una formazione che giustamente vorrebbe uscire dal buio della propria non brillante carriera ma che forse dovrebbe sfruttare meglio le proprie potenzialità.
Recensione a cura di Marco 'Mark' Negonda

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