Mettete insieme tre barbuti come Jeff Pinkus (ex-Butthole Surfer, ex-Daddy Longhead, ecc), Robert Landgraf (Godzilla Motor Company, Blowfly) e Kenny Wagner (Sixty Watt Shaman, Halfway to Gone) e cosa ottenete?
Un trio di buzzurri texani chiamato Honky.
Alcool, fumo, sesso depravato, rock, blues, southern, ed un bizzarro senso dell’umorismo, la sostanza è questa senza tanti giri di parole.
Terzo album per questa specie di ZZTop stonati e cafoni, che però quando si mettono d’impegno sono capaci di scrivere buone canzoni, e qui ne hanno infilate parecchie.
Una serie di hard rock “no frills” in salsa sudista: “title-track, Trespassin’, Undertaker, Lookin’green”, belli tosti alla vecchia maniera, buoni sia per gli amanti del vintage alla Lynyrd Skynyrd che per le nuove leve che ascoltano i Nashville Pussy. Un fantastico slow-blues in pieno ZZ-style come “Walkin on moonshine”, con tanto di coda country ed ospitata della slide di Gordie Johnson dei Big Sugar. Un altro bellissimo pezzo struggente quale “Broken days” abbellito da vocals femminili, poi riffoni alla Ac/Dc, schitarrate e ritmiche stoneggianti, assoli al fulmicotone, tutto nel segno di un’onesta schiettezza e di grande divertimento.
Certo gli Honky non brillano per finezza e buon gusto, basti vedere la cover fallica, le tipe che si prendono a cazzotti in mutande, ritornelli educati tipo “White knuckle pass – you can kiss my ass!”, gli inni all’erba, e così via, ma questi godono ad interpretare lo stereotipo del texano grezzo, casinista e volgare, e per la verità la cosa gli riesce alla perfezione.
Non siamo di fronte ad un capolavoro imprescindibile della musica, ma ad un buon disco rock secondo la tradizione. Se vi piacciono cose tipo Raging Slab, Daddy Longhead, Iron Boss, Throttlerod, Camarosmith, fatelo vostro e vi darà grande soddisfazione.
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