Copertina 7

Info

Anno di uscita:2016
Durata:38 min.

Tracklist

  1. MOTHERSHIP
  2. BLACK GOAT
  3. NEITHER SLAVES NOR MASTERS
  4. OLD SONG
  5. THESE BOOTS ARE MADE FOR KICK YOUR ASS
  6. I WALK ALONE
  7. SOUTHLAND
  8. CHARON
  9. REDEMPTION SONG

Line up

  • Francesco Acerbo: vocals, guitars
  • Mauro Colarossi: vocals, bass
  • Cristian Falone: drums

Voto medio utenti

Gli abruzzesi Raiden sono al loro secondo album, dopo un esordio intitolato giustamente "Raiden", e non fanno nulla per nascondere la propria attitudine: una passione per un Rock viscerale e sanguigno, ma che, come scopriremo nel corso dell'ascolto di "Mothership" si rivelerà piuttosto vario e certo non monotematico.

Non per niente l'opener strumentale, "Mothership" non è la classica (e scontata) intro buttata lì un po' a caso, ma un pezzo vero, vibrante e settantiano, che interpreta l'anima rock dei Raiden, è poi impossibile non riconoscere i numi tutelari che aleggiano sulla seguente e motorheadiana (pur ricordando "Celebrate" degli An Emotional Fish e, di conseguenza, "Gli Spari Sopra" di Vasco Rossi) "Black Goat". Una rapida passata sulla lavagna e le influenze cedono passo a soluzioni più vicine al Grunge Rock espresso dai Pearl Jam, mentre il tiro quasi Punk di "Old Song" viene poi stemperato con un bell'assolo del cantante/chitarrista Francesco Acerbo. Riecco Lemmy approvare (anche per il titolo) una "These Boots Are Made for Kick Your Ass" che ha nel D.N.A. il codice genetico di brani come "Capricorn" o "Stay Clean", ma pure la successiva e fumosa "I Walk Alone". Gustoso il feeling retro e blueseggiante, con tanto di slide guitar, di "Southland", che perde un po' di verve solo nel refrain, ma che per il resto è testimone di un'ottima prova del terzetto, che si ripete nella seguente "Charon", canzone che si snoda sinuosa e intensa. Infine, la cover di “Redemption Song” di Bob Marley, per quanto con un approccio direi più vicino a quello della versione che ne fecero i The Clash, non per niente i Raidan la dedicano sia a Bob Marley sia a a Joe Strummer.

Forse addirittura fin troppo vari, e ammetto di averli apprezzati maggiormente nei momenti più seventies, ma sicuramente sinceri e convincenti.

You want it all, but you can't read it
It's in your face, but you can't read it
What is it? It's it
What is it? ... it's the review
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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