“Fuck Everyone And Run” (ecco per cosa sta
“FEAR”) è un disco di definitive conferme. Alcuni esempi?
“FEAR” conferma che
Mark Kelly è uno dei tastieristi più sottovalutati di sempre (le sue timbriche sono ineguagliabilmente eleganti), che
Steve Hogarth è sempre più un “novello”
Roger Waters perseguitato da spettri presenti e passati, all’occorrenza ottimo cantante ma ancora più frequentemente convincente attore (e qui si potrebbe scomodare addirittura il sommo
Peter Gabriel), che “neo-prog”, per questa formazione, non vuole dire proprio più niente.
È vero, tra le note del full-length (strutturato in tre brani lunghi più due canzoni vere e proprie) non si possono non cogliere gli echi pinkfloydiani di
“Animals” (in particolare il Rhodes in
“El Dorado”) o di
“The Final Cut” (il tema della “morte per la patria” di
“The New Kings”), o certa “rabbia repressa” dei Pendragon di
“Pure” o dei Porcupine Tree di
“Fear Of A Blank Planet” (
"Living In Fear", o la suite
“The Leavers”, con uno
Steve Rothery sugli scudi), ma i
Marillion di oggi, in tutto e per tutto, fanno storia a sé. Il loro è un pop/rock contemporaneo e raffinato, il cui unico neo sta, a mio parere, nell’aver perso quasi completamente la capacità di sorprendere. Se
“Marbles” era stato l’ultimo, magnifico colpo di coda degli inglesi, da lì in poi la produzione è andata via via perdendo di mordente, consegnando alla storia una serie di album discreti, ma non straordinari.
Questo
“FEAR” alle mie orecchie non fa eccezione, godiamocelo quindi per quello che è, cioè l’ennesimo buon disco dei
Marillion.
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