Ricordo ancora oggi una delle tante frasi ad effetto coniate dal giornalista sportivo
Federico Buffa durante gli anni in cui faceva coppia con
Flavio Tranquillo nei commenti delle partite
NBA:
“
Benvenuti nel mondo di T-Mac… abitanti uno... LUI!”.
Ebbene, se mi permettere un ardito parallelismo, trovo che gli
Anaal Nathrakh siano i
Tracy McGrady del metal. O perlomeno il
Tracy McGrady del primo anno ad
Orlando, visto che poi smise di difendere…
Distinguo a parte, parliamo di una compagine che gioca in una lega tutta sua, che non trova paragoni credibili nella pur sovraffollata scena estrema e che, in definitiva, ha come unica rivale… se stessa.
Arduo fare i conti con un passato discografico tanto cospicuo quanto formidabile; eppure, dopo otto full length e diciassette anni di carriera, i Nostri non sembrano affatto intenzionati a mollare la presa, ma anzi rilanciano con un album che riesce addirittura a superare i pur ottimi “
Vanitas” (2012) e “
Desideratum” (2014).
"
A sandblasting assault similar to the experience of a demented ocular surgeon operating on one's head while riding a rollercoaster through hell”.
Non credo servano traduzioni alla descrizione di “
The Whole of the Law” tratteggiata dalla
press release; descrizione che, per quanto suggestiva e tendenziosa, ho trovato assolutamente calzante!
Il gruppo di
Brimingham è riuscito a trovare la perfetta sintesi fra vecchio e nuovo corso, plasmando così un sound in cui partiture
grind e
black riconducibili all’era “
Eschaton” convivono col groove melodico delle ultime opere (sentire “
In Flagrante Delicto” o “
Extravaganza” per credere).
Grazie a tale sintesi, il nono parto discografico del duo suona alle mie orecchie come il più feroce ed ispirato da anni a questa parte.
A certificarlo basteranno le mostruose “
Depravity Favours the Bold” -gran titolo- tra arrangiamenti sinfonico/apocalittici e ritmiche spezzaossa che confluiscono nel solito, grandioso chorus in clean, e la successiva “
Hold Your Children Close and Pray for Oblivion” -altro gran titolo-, in cui si materializzano i beats elettronici e lo screaming schizofrenico che ogni fan della band ha imparato ad amare. Ah, già che ci siete aggiungete pure una coda epicheggiante da brividi lungo la schiena.
Ad onor del vero ogni singolo brano meriterebbe menzione, ma per brevità mi limiterò a citare “
Of Being a Slave” e “
…So We Can Die Happy”, spaventosi esempi di irresistibile brutalità sonora.
Ciliegina sulla torta le bonus tracks: discreta la rielaborazione di “
Man at C&A” dei
The Specials; strepitosa l’interpretazione di “
Powerslave” (già inserita nella recente compilation “
Maiden Heaven Volume 2”).
Aggiungete una produzione da leccarsi i baffi ed una prestazione inumana da parte di
Mick e
Dave -non certo una sorpresa- et voilà: avrete ottenuto uno dei migliori dischi metal dell’anno corrente.
Se non IL migliore.
Tornando alle citazioni cestistiche, e per par condicio:
Flavio Tranquillo, durante le
Finals del ‘98, urlò: “
Michael Jordan accende l’autobus e porta a scuola la difesa dei Jazz!”.
Ecco: gli
Anaal Nathrakh, con “
The Whole of the Law”, fanno altrettanto, ribadendo la loro superiorità ed impartendo ai colleghi estremi una dura lezione.
Un consiglio da amico: saliteci anche voi su quell’autobus, non ve ne pentirete.