Nel 2008 il cantante dei thrasher Coldsteel,
Troy Norr aveva dato vita a una tribute band di King Diamond, andando a scegliere il nome per questo progetto dal terzo album solista dell'ex vocalist dei fondamentali Mercyful Fate. E ora, dopo un periodo di soli concerti, i
Them provano a camminare sulle proprie gambe esordendo per la
Empire Records con il qui presente "
Sweet Hallow", un concept album, scritto dallo stesso
Norr sul quale l'influenza di King Diamond vigila e stimola sia la parte musicale sia quella concettuale.
Qualche colpo di pala... una bara che si apre... e l'orrore inizia.
In realtà si parte con una bella mazzata Metal, una pulsione ritmica spezzacollo e un guitarwork invero affilato che caratterizzano sin dalle prime battute "
Forever Burns", e quando arriva la parte cantata è impossibile non pensare a King Diamond: falsetto, grida strozzate e un cantato pulito che ricorda quello del compianto Michael Grant.
Un trend che, anche per qualità delle composizioni e dell'esecuzione, non muterà nel corso dell'album, che si arricchisce della presenza di musicisti di valore e spessore, a partire dal bassista dei Symphony X
Mike LePond, sino al drummer
Kevin Talley (tra le molteplici esperienze spiccano quelle con Dying Fetus, Suffocation, Six Feet Under, ma anche Sylencer) e del chitarrista
Markus Johansson (pure lui dai Sylencer), per andare poi sino in Germania a trovare la collaborazione di due componenti dei Lanfear:
Markus Ullrich (chitarra) e
Richard Seibel (tastierista, anche negli Ivanhoe).
Le radici Thrash di
Norr emergono con prepotenza sul finale del disco, dalla serrata e sanguinolenta "
Blood from Blood" e dalla veemente (e non così distante dai migliori Flotsam And Jetsam) "
The Harrowing Path to Hollow", brani che comunque non spiazzano l'ascoltatore dato che si incastrano brillantemente in un contesto sfaccettato ed eclettico, per un approccio ben rappresentato da "
Down The Road to Misery" o dagli episodi più "fedeli alla linea" come la stupenda "
Ghost in the Graveyard", una hardeggiante (soprattutto nel refrain) "
Dead or Night" o dalle teatrali "
FestEvil" e "
When the Clock Struck Twelve", con quest'ultima che chiude l'album sull'ennesimo grido di terrore della vittima (femminile ovviamente) di turno.
Se non fosse troppo evidente la scelta di ossequiare gli schemi di uscite come "Fatal Portrait", "The Eye" o "The Puppet Master", questo esordio meriterebbe almeno mezzo voto in più.
I was born to
reviewHear me while I
write... none shall hear a lie
Report and
interview are taken by the will
By divine right hail and
write
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