La solita “vecchia storia”. Ritorneranno mai i tempi di “
Double eclipse”? No, perché sono passati quasi venticinque anni e gli
Hardline sono oggi un gruppo parecchio diverso per storia ed effettivi (e, in parte, pure per intenti artistici) di quello che nel 1992, con il supporto di due monumenti come
Neal Schon e
Deen Castronovo (ma ricordiamo altresì il contributo di
Joey Gioeli e T
odd Jensen), realizzò un indiscutibile capolavoro in note.
Ciò non toglie che questo “
Human nature” sia uno dei migliori dischi di
hard melodico dell’intero 2016, rendendo il continuo rivolgersi al passato (sia da parte dei
fans e sia nelle dichiarazioni promozionali della
band …), sebbene in qualche modo comprensibile, alla fine abbastanza stucchevole.
Indipendentemente da qualunque altra considerazione l’albo è “semplicemente” un piccolo gioiellino di grinta, istintività ed eleganza sulla scia del precedente “
Danger zone”, che anzi forse in ultima analisi supera leggermente in virtù di un pizzico di maggiore tensione espressiva.
Il gradito ritorno del provetto
Josh Ramos e la conferma della fruttuosa
partnership con
Alessandro Del Vecchio garantiscono alla voce sempre carismatica e stentorea di
Johnny Gioeli (unico “superstite” della
line-up originale ...) di spiegare i suoi nobili e vigorosi registri su strutture compositive ed esecutive di grandissimo valore, corroborate da una solidissima e convalidata sezione ritmica che vede in
Anna Portalupi e
Francesco Jovino due musicisti impeccabili per misura e forza propulsiva.
Arrangiato con un gusto spesso marcatamente “hard-rock”, “
Human nature” aggredisce i sensi fin dall’
opener “
Where will we go from here”, gratificata da un
riff da brividi istantanei e da una grande interpretazione di
Gioeli che si schiude in un
refrain corale di enorme capacità seduttiva, mentre dopo la coriacea “
Nobody's fool” (ottimi, ancora una volta, gli impasti vocali), tocca alla
title-track replicare con maggiore convinzione al maestoso atto d’apertura, mescolando ad arte enfasi e sentimento senza eccessi e ridondanze, ostentando una sensibilità emozionale assai rara.
Gli estimatori dell’
hard-blues “cromato” e avvolgente (un po’ alla Whitesnake “americani”, per intendersi) troveranno in “
Trapped in Muddy Waters” di che soddisfare il proprio apparato
cardio-uditivo e se la graffiante “
Running on empty” conquista e trascina in un vortice di fervore fin dal primo contatto, la successiva “
The world is falling down” riesce a fare addirittura di meglio, grazie ad un potente intrigo di grinta e classe.
La struggente
ballad pianistica, vagamente Bon Jovi-
ana “
Take you home” offre un intrigante momento di riflessione e consente di rilevare una volta di più la duttilità di un
vocalist davvero
extraordinaire, capace subito dopo d’intridere di
pathos anche una gemma sonora come “
Where the north wind blows”, impreziosita da un edificante tocco
pomposo.
Melodie ariose e chitarre trancianti e voluminose costituiscono l’ossatura dell’ammaliante “
In the dead of the night” e “
United we stand” è un eccellente esempio di energica passionalità “adulta” e rappresenta l’ultima autentica scossa del programma, dacché “
Fighting the battle”, pur gradevole, appare un episodio leggermente opaco e superficiale sotto il profilo dell’impatto emotivo.
Gli
Hardline continuano a essere campioni supremi di un suono intenso e emozionante, fatto di “corpo & anima” … una notizia che, evitando d’indugiare in ingannevoli forme “nostalgiche”, farà la felicità dei loro numerosi estimatori e di tutti gli amanti della bella musica.