Giunti al secondo lavoro sulla lunga distanza, gli svedesi
Binary Creed ci propongono ancora un concept album, questa volta incentrato sul tema della guerra e del terrore (il precedente
"Restitution" era dedicato a un argomento altrettanto semplice, ovvero la speculazione religiosa).
I nostri suonano un heavy/prog metal con davvero pochi fronzoli (tutti i brani si attestano sui quattro minuti e mezzo, senza gli eccessi strumentali tipici del genere), privilegiano la forma canzone e hanno indubbiamente buone capacità compositive (gli arrangiamenti sono inattaccabili). Band di riferimento potrebbero essere i Threshold e i Crimson Glory, con un pizzico di Queensrÿche in alcuni "barocchismi" vocali.
Bene. Dove sta il problema in questo
"A Battle Won"? Il problema, se così vogliamo chiamarlo, è che ho già detto praticamente tutto. Dall'iniziale
"Servants" alla conclusiva
"Journey Without End" i brani quasi "si confondono tra di loro", e se da una parte dimostrano una coerenza invidiabile, dall'altra mi portano a pensare
"caspita, peccato, perché il talento c'è tutto". È vero, se entriamo nel dettaglio ogni brano ha una sua particolarità (l'elettronica nell'opener, le tinte sinfoniche in
"In A Time To Come", l'Hammond dal sapore hard rock in
"Safer Than Now", l'incedere epico in
"A Better Man", le tentazioni power in
"The Ones To Bleed", il gusto neoclassico in
"These Hands", le ritmiche maideniane nella sopraccitata
"Journey Without End") che però in parte si perde nel muro di chitarre che ci accompagna imperterrito dall'inizio alla fine del full-length.
Non dico che il voto sia regalato, però sono sicuro che il combo possa fare molto di più. E voglio dargli fiducia.
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