Ogni tanto capita di metter mano al classico disco che non ti aspetti, che riesce sia a disturbarti che a catturarti l’attenzione come una falena viene richiamata verso la lampadina. La nuova fatica dei neozelandesi
Ulcerate, “
Shrines of paralysis” appartiene a questa eletta categoria; il terzetto ha partorito un disco forte, intenso, dalle tinte disperate ma allo stesso tempo ultratecnico che si riannoda al precedente
“Vermis” ponendo una attenzione maggiore allo sviluppo delle linee melodiche .
Abbiamo così fra le mani brani molto lunghi ed articolati – immediati ovviamente i rimandi a gente come
Gorguts ed Immolation – che ben presto arrivano a sfiorare l’ora di ascolto, canzoni che invitano all’auto-analisi più che al nichilismo, che esplorano i meandri dell’abisso umano, e che rendono corporee le immagini più nere e paurose.
“Shrines of paralysis” è uno di quei dischi che crescono col susseguirsi degli ascolti; la titletrack o
“Extinguished light” sono, per chi vi sta scrivendo, i punti più alti del disco, canzoni in cui il terzetto neozelandese riesce a coniugare e a condensare come in crogiuolo grazie alla sapiente alternanza di rallentamenti e dinamismo, claustrofobia e aggressività, tecnica e caos.
L’invito è quello di lasciarvi travolgere, di non opporre resistenza ad uno dei migliori lavori in ambito estremo del 2016, perché la “nostra” musica non sempre è sinonimo di svago. Non ve ne pentirete.
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