I
Sybernetyks provano a unire all’approccio mainstream di band tipo Nickelback o Alterbridge, sfumature elettroniche/sintetiche di derivazione moderna. Il risultato è un sound timido, indolore, mai veramente convinto né in un senso né nell’altro, dove a “vincere” è sempre la soluzione facile/immediata e i momenti scarichi appesantiscono oltremodo l’ascolto di un album che qualcosa da dire ce l’avrebbe pure.
L’inizio annacquato di
“Virtual Lights” fa il paio con la successiva
“D.N.A.”, dall’incipit
groovy ma dall’evoluzione prevedibile. Il mordente è ancora poco sia in
“Downstream” che in
“Genesis”, con le loro melodie stucchevoli e poco incisive.
“Tech-Noir” alza un po’ i toni, non è un granché ma il tiro è sicuramente diverso, così come
“Disconnected”, dalle tinte alternative.
“Karma Protocol” funziona, ma è penalizzata da un tragico finale in fade. La breve
“As Stars Fade Away” (di memoria OSI) prelude alla soporifera
“Satellite”, ballad fine a sé stessa che contrasta con la breve e diretta
“Junction”, dove l’elettronica è quasi del tutto assente. Troppi alti e bassi anche in
“Revolution” (inizio irruente, cantato sottotono, strumentale innocuo) prima della conclusiva titletrack, ennesima traccia caratterizzata da luci e ombre.
“Dream Machine” va ascoltato per quello che è, ovvero l’esordio sulla lunga distanza di una band che cerca di trovare una propria strada con i (pochi) mezzi che ha a disposizione. La maturità è ancora lontana, ma non è detto che questi francesi non possano riservarci qualche sorpresa in futuro…
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?