Copertina 9,5

Info

Anno di uscita:2013
Durata:41 min.
Etichetta:Seventh Rule Recordings

Tracklist

  1. WOMEN & CHILDREN
  2. IN REMORSE
  3. MELEE
  4. TAME AS A LION
  5. FEARCE
  6. MILES FROM HOME
  7. PAIN MYSELF

Line up

  • Tristan Shone: all instruments

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Tristan Shone è un musicista californiano, di San Diego, anche se definirlo musicista è riduttivo. Egli è un ingegnere meccanico e uno scultore e lavora per un paio di grossi centri di ricerca americani. Cosa c’entra?
Tristan Shone si costruisce da solo le macchine che utilizza per fare la sua musica, cosicché il suono che produce è unico, suo personale al 100%.
E quando veniamo al suono si apre un baratro, un pozzo nero senza fondo, fatto di industrial metallico, drone doom acido, noise pulsante, dubstep e melodie algide.
L’iniziale title-track ci conduce subito verso una marcia lenta e inesorabile verso lande desolate, lande nelle quali la fisica terrestre è distorta, stravolta. “In Remorse” non è da meno, come se Godflesh, Aphex Twin, Nine Inch Nails, Substance D e Sunn O))) si unissero per tirare fuori il peggio di sé.
Melee” ha la poetica tipicamente cyberpunk e post-industriale di Merzbow, Dissecting Table e James Graham Ballard, nell’ostentata ricerca di un punto di incontro tra uomo e macchina e dallo strisciante erotismo che ne emerge, magnificamente ritratto in “Crash” di David Cronenberg.
È quasi impossibile descrivere la gamma di sensazioni che la musica di Tristan Shone tira fuori, scorie di un animo tormentato, decomposizione meccanica di un organismo pulsante, che perde la propria identità.
L’amorfismo del sound di questo “Women & Children” è solo apparenza, perché la sintesi delle diverse influenze dà vita a qualcosa di nuovo, non ne la sostanza, ma nella forma, perché è la sensibilità dell’autore a declinare il caleidoscopio sonico, che dà spazio anche agli accenni pop di un piano in “Tame As A Lion”, canzone che potrebbe aver scritto James Maynard Keenan sotto acido.
Fearce” è oceanica nel beat, ma non scorda la lezione di Trent Reznor, portandola alle estreme conseguenze, pompando tonnellate di riverberi e frequenze distorte nel mixer fino a saturarlo.
Miles From Home” dall’incipit potrebbe addirittura richiamare alla mente Vangelis, i synths si stratificano progressivamente fino quasi alla cacofonia, prima di virare verso un groove introspettivo e decadente.
La conclusiva “Pain Myself” è una ballad, il piano e la voce di Tristan Shone disegnano paesaggi malinconici, sebbene disturbati da rigurgiti industriali, in un crogiuolo di emozioni dissonanti e disarmoniche.
Tristan Shone è un fottuto genio, un artista nel senso più pieno del termine e questo disco ne è la prova. Avvicinatevi ma non sperate di comprenderlo, limitatevi a subirlo.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 14 giu 2013 alle 22:52

qui poi l'ha moltiplicato x 9

Inserito il 14 giu 2013 alle 19:54

secondo me gino mette troppi voti troppo alti! ;)

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