Chiariamo subito una cosa. Trovo immondo che in un gruppo death/thrash metal canti una donna. Così come avevo sentenziato nel giudizio di “Creative Killings” dei Sinister dove la signorina Rachel, tanto carina quanto fuori luogo dietro il microfono (tanto è vero che il risultato obbrobrioso ha portato la band allo scioglimento…), non c’è nulla di più ridicolo. Sì, perché ci sono dei ruoli che vanno definiti e rispettati e per quanto una donna possa sforzarsi, la sua voce non sarà mai adatta per un genere musicale estremo come il death.
Già, sforzarsi. Perché la bella Angela Gossow si sforza da morire, e questo sforzo si sente, rende la sua voce innaturale, non fluida, non potente, ma solamente sforzata, e di stenti si muore, non si fanno i disconi. Se poi aggiungiamo che questo “Doomsday Machine” è senza dubbio l’album più scialbo e povero di idee composto dai fratellini Amott (dove sono finite le genialate presenti a vagonate nei primi tre albums ed anche se in misura minore anche su “Wages of Sin”?) ecco che ci troviamo di fronte ad un lavoro altamente trascurabile ed inutile.
Qua e là qualche ideuzza spunta fuori, qualche riffs sopra le righe fa la sua apparizione, ad esempio nell’opener “Enter the Machine” o nella schizofrenica “I Am Legend/Out For Blood” ma entro pochi secondi tutto torna nella normalità, per poi doversi sorbire lo screaming della Gossow. Non parliamo poi di quando è proprio il brano ad essere scadente, ad esempio “Skeleton Dance” (forse il più brutto della loro discografia) o il seguente “Hybrids of Steel”, a quel punto potrebbe cantare anche Lars Goran Petrov ed il risultato non cambierebbe di una virgola. Insomma, bella la produzione, per carità, il mixaggio di Sneap ha sempre il suo valore, bella la tecnica dei cinque musicisti, ed in questo Sharlee D’Angelo (Dismember, Mercyful Fate) al basso e Daniel Erlandsson (In Flames, Eucharist) alla batteria sono una garanzia, bello tutto, bella pure la fatona gambalunga Angela con le sue copertine sexy su tutti i mags metal europei, ma per carità, ridateci Johan Liiva o qualsiasi altro cantante dotato di palle, in senso fisico e metaforico. Sicuramente così gli Arch Enemy vendono dieci volte tanto, nessuno lo mette in dubbio, e se il loro scopo è questo allora bene così. Se invece volessero essere ricordati per una band che ha scritto dei capolavori in campo death metal, per quanto melodico, e ha lasciato la propria impronta in questa musica, beh allora bisogna guardare molto indietro negli anni, perché il loro compito è già compiuto.