Di una cosa sono certo … che i
Chronic Hangover sono un gruppo abbastanza atipico nella scena
metallica internazionale, e che già per questo motivo meritano attenzione.
Inconsueti e intriganti, almeno per quanto mi riguarda, tanto che attendevo questo debutto ufficiale con una certa “ansia”, dopo aver apprezzato il loro
demo dal singolare titolo “
Logicamente il Signore ci punirà per questo”.
Ebbene, oggi che “
Nero inferno italiano”, patrocinato dalla “musica dal labirinto” della prestigiosa
Minotauro Records, viene finalmente sottoposto al giudizio del mio fedele apparato
cardio-uditivo, non posso che confermare le impressioni positive rilevate in passato, riscontrandone altresì un significativo ampliamento grazie ad un quadro complessivo più compiuto e professionale.
Il distillato sonoro liberato dalla valente coalizione capitolina è paragonabile a una sagace spremitura di
doom,
stoner e
hardcore-punk, condito da scorie dell’
epic metal maggiormente ossianico, quasi si trattasse di una furiosa centrifuga tra Black Sabbath, MC5 e primi Kyuss, arricchita da una spruzzata di Black Flag e Cirith Ungol.
La loro innata capacità di accordare i contrasti tra le diverse espressioni musicali sorprende e attrae, e nel programma non rischierete mai d’imbattervi in passaggi armonici superficiali o manieristici, grazie innanzi tutto a una tensione nell’interpretazione in grado di assicurare buoni risultati anche nei momenti meno imprevedibili.
E proprio a proposito “d’interpretazione”, è facilmente ipotizzabile che quella di
Jacopo dietro al microfono possa alimentare opinioni contrastanti … il suo stile perlopiù “declamatorio” e nichilista (una specie d’interpolazione fonatoria tra
Tim Baker e
Henry Rollins!) non è forse adatto a conquistare tutti i “palati” e tuttavia appare l’efficace integrazione di un percorso compositivo cangiante e penetrante.
Impreziosito da una fascinosa veste grafica, “
Nero inferno italiano” è un albo dal notevole impatto emotivo, che si apre con la scorticante “
Vituperio”, prosegue con la carica
punk-psych di “
Homunculus” e piazza con “
Sociopatia”, un coagulo schizofrenico e feroce di
doom / stoner, il primo squarcio sensoriale veramente profondo dell’opera.
Una percezione di benefico turbamento che si mantiene su livelli elevati anche nell’ipnotico vortice di “
Regretudo”, e se nelle pulsazioni tetragone di “
Tossine” l’effetto sonico è indirizzato in particolar modo alla stimolazione muscolare, la splendida “
Villa triste” coinvolge la totalità di organi e sensi, sollecitati da una forma massiccia e colloidale di oscura psichedelia metallescente.
In “
Alamut 2112” vi troverete a esplorare le terrificanti viscere della terra avvolti da pulviscoli di materia cosmica, “
Nero inferno italiano” conduce il pensiero a conturbanti visioni di desolazione e catarsi e “
Lucifer in the sky with diamonds” chiude l’emozionante trittico con le sue magnetiche e tenebrose atmosfere desertiche.
I
Chronic Hangover si dimostrano un’entità artistica superiore alla media, dotata di un’identità istintiva, piuttosto definita e peculiare … di questi tempi, una bella novità da non trascurare.
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