In un panorama così sovraffollato di band female-fronted gothic/symphonic, i tedeschi
Beyond The Black puntano su un sound che ringhia ma non morde, smaccatamente (e volutamente) orecchiabilissimo e di facile presa, sulla falsariga dei Within Temptation più mainstream o addirittura degli Evanescence. La cosa stupefacente è che il risultato finale non è davvero niente male...
Il qui presente
"Lost In Forever" risale al Febbraio del 2016, ma la band (costantemente in tour e fresca di contratto con
UDR Music/Warner) ha pensato di ristamparlo in una nuova edizione con l'aggiunta di quattro (tutto sommato superflue) bonus track per un minutaggio complessivo di quasi 78 minuti (!).
Ringraziamo la band per averci risparmiato il solito intro sinfonico e scorgiamo già dalle prime note lo zampino di
Sascha Paeth: la titletrack è un buon mid-tempo roccioso e convincente, scalfito solo dalle backing vocals non proprio meravigliose di
Hummels (che in, compenso, è un chitarrista notevolissimo). La zuccherosa
"Beautiful Lies" ricorda
"Farewell" degli Avantasia, e prelude a
"Written In Blood", grooveggiante e dall'elettronica in evidenza. Skippiamo pure la scontata
"Against The World" e passiamo alla folkloristica
"Beyond The Mirror", con il suo violino marcatamente teutonico.
"Halo Of The Dark", ruffiana ma grintosa, è un altro highlight, così come la successiva
"Dier Irae", con i cori e le orchestrazioni in primo piano.
"Forget My Name", elaborata e dalle tinte marziali, sfocia in
"Burning In Flames", buon episodio da headbanging.
"Nevermore" scivola su un ritornello poco ficcante, mentre sorprendono le sfumature oriental di
"Shine And Shade" e i riferimenti ai Rage sinfonici dell'era
Smolski di
"Heaven In Hell". Il disco del 2016 si chiude con la poco incisiva
"Love's A Burden" (immaginate gli Evanescence senza pianoforte ma con le chitarre). Delle quattro tracce bonus non c'è molto da dire:
"The Other Side" tributa il lato più epico dei Within Temptation,
"Dim The Spotlight" ci fa fare un salto negli Anni Ottanta con le sue timbriche sintetiche,
"Our Little Time" spicca per l'arrangiamento pianistico e il bel duetto heavy-power
"Rage Before The Storm" (con
Herbie Langhans dietro al microfono) ci fa togliere le cuffie con il sorriso stampato sulla faccia.
Jennifer Haben, rimasta "orfana" dei colleghi con cui ha registrato i primi due album, è già al lavoro con i nuovi compagni d'avventura per dare un seguito alle tante idee di cui sopra: noi siamo qui ad aspettarla..
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