"To The Concrete Drifts" è uno tra gli album più ansiogeni che io abbia sentito negli ultimi tempi. Saranno i testi (malinconici, a tratti atroci, mi hanno ricordato i Leprous), saranno le sonorità (un ibrido black/doom/prog/avantagarde dalle dinamiche esplosive), ma questi
Fell Ruin, al debutto su
I, Voidhanger Records, di sicuro non lasciano indifferenti.
"Respire" è la quiete prima della tempesta, e la tempesta risponde al nome di
"The Lucid Shell", dieci minuti di follia, musica e parole a cavallo tra death e doom che stordiscono, intramezzati da pochi e coerenti momenti più morbidi e da inaspettate incursioni blast-beat. La furia degli americani non si placa nemmeno con la successiva
"Spy Fiction...", dove le armonie spigolosissime enfatizzano il cantato disperato di
Brian Sheehan, vero e proprio istrione dietro al microfono.
"To Wither..." attacca subito, e, tra momenti più suggestivi e accelerazioni brucianti, aggiunge alcuni elementi post e noise, soprattutto nell'utilizzo degli effetti per chitarra di
Radtke. La conclusiva
"...And Choke On Nocturnal Breath", paradossalmente, è più vicina ai canoni estremi tradizionali, progressiva nella struttura ma "pure black" nelle timbriche.
Personalmente sono rimasto molto colpito da questo full-length, anche se sono certo che i margini di miglioramento non manchino (tanto per dire, io snellirei i brani per aumentarne l'impatto): il 7 d'incoraggiamento ci sta tutto...
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