Ieri era una bella giornata primaverile, tiepida e luminosa.
Oggi, mentre ascolto
"Ectoplasm", secondo album per i
Suffer Yourself, band nata in Polonia dalla mente del poli strumentista
Stanislav Govorukha ed attualmente residente in Svezia, fuori è freddo, piove e il vento, gelido, sferza l'aria.
Non so se sia una semplice coincidenza, ma la musica del quartetto è esattamente questo: un crudele ritorno dell'inverno che spazza via tepore e luminosità.
L'album, nero ed angosciante, ci offre un vortice di funeral doom, death, suggestioni ambient, sfumature darkwave, vaghe reminiscenze black per un magma sonoro lento (ma non lentissimo), desolante e dal peso al limite dell'insostenibile.
I cinque brani che compongono questa discesa nel buio più assoluto sono interminabili, arriviamo anche a 19 minuti, ricchi di sfumature diverse, tanto nel comparto strumentale quanto in quello vocale, e carichi di un pathos possente e suggestivo che conferisce loro una capacità emozionale struggente e disarmonica nella sua carica dirompente.
Una proposta del genere, suonata a mio avviso con il cuore, si "misura", in quanto a qualità, solo sulle emozioni che riesce a veicolare:
"Ectoplasm" di emozione è semplicemente gonfio.
Tristezza, oppressione, disperazione.
Buio assoluto.
Ma anche inaspettata eleganza, spiazzanti aperture melodiche e soffici ricami armonici.
Tutto questo convive in un album pulsante e vivo, composto da cinque piccole gemme che toccano il loro climax nella struggente
"Dead Visions" e nella conclusiva, delicatissima,
"Trascend the Void" , ma che mantengono altissima la tensione e la pura bellezza in ogni partitura.
Chiunque senta la mancanza dei grandissimi Void of Silence ed ami la sofferente visione musicale di gente come Evoken, Ataraxie o Ahab, non deve lasciarsi sfuggire per nessun motivo un album prezioso come lo scrigno dei vostri più reconditi segreti.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?