In un panorama musicale affollato da “vecchie glorie” (perlopiù) in invidiabili condizioni di forma, gli
Horisont possono quasi sembrare ancora degli “emergenti”, ma in realtà sono già passati dieci anni dalla loro “comparsa” sulle scene, ed è già da un po’ che rappresentano una delle espressioni più importanti del ritorno del
classic-rock, tra i pochi a dimostrarsi capaci di “reinventare” il genere senza per questo stravolgerne le caratteristiche essenziali.
Un percorso artistico che attraverso cinque dischi si è arricchito di sfumature e diversioni stilistiche e che oggi ci riconsegna gli svedesi come un’entità musicale davvero eclettica e multiforme, pur restando fedele al suo “credo” fondamentale.
“
About time” miscela
hard,
folk,
metal e
blues e li condisce con una gustosa marinata di
prog,
glam e
pop sinfonico, sviluppando un processo di “sintesi” davvero appassionante, per la qualità delle composizioni e la naturalezza delle interpretazioni.
Fra i tanti propugnatori del “neo-tradizionalismo”, gli scandinavi si distinguono per una forma di devozione piuttosto evidente eppure mai fastidiosamente “nostalgica”, lontanissima da tante (troppe …) esibizioni riconducibili al concetto di
tribute-band.
“
The hive”, cangiante
opener del programma dice già molto di quale sia l’attuale approccio alla materia del gruppo … base musicale soffusa e imperioso crescendo emotivo, in un tripudio di suggestioni che vanno dai Led Zeppelin ai Deep Purple e ai Montrose, filtrate, però, attraverso la lente di una poliedricità che rimanda addirittura all’esperienza di Pink Floyd e Traffic.
“
Electrical” evoca i Blue Oyster Cult con innata sensibilità e notevole efficacia, “
Without warning”, grazie al cantato fremente di
Axel e alle pulsazioni armoniche “spaziali”, aggiunge i Rush alla compagnia dei “buoni maestri”, mentre “
Letare”, in madrelingua, solca vibranti e fascinosi terreni di
hard-folk nordico.
“
Night line” piacerà a chi considera i Thin Lizzy un’imprescindibile fonte ispirativa, “
Point of return” seduce fondendo The Who, Strawbs e Triumph, “
Boston gold” potrebbe essere tranquillamente essere definita una versione “evoluta” dei The Darkness e “
Hungry love” e “
Dark ides” sono altri due episodi di grande fascino, tra
Zeps, Granicus, Black Sabbath, ELO e la mai troppo compianta creatura artistica di
Phil Lynott.
La
title-track, posta in chiusura dell’albo, con il suo andamento intenso e avvolgente, è semplicemente un concentrato densissimo di tensione espressiva e rappresenta un po’ la summa di questo disco di meravigliosa restaurazione
rock … un risultato a cui si approda solo se certe cose le hai nel sangue e nel cuore … proprio come accade agli
Horisont.
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